Sono già passati 25 anni dalla pubblicazione di In Utero, terzo e ultimo album in studio del gruppo rock statunitense Nirvana, composto da Kurt Cobain (voce), Dave Grohl (batteria) e Krist Novoselic (basso), senza contare altri musicisti che hanno militato nella band.
I Nirvana si inseriscono nella scena musicale di inizio anni ’90, portando il grunge ai massimi livelli, un’innovazione rispetto al decennio precedente, in cui la musica era decaduta nel semplice pop commerciale. Per “grunge” si intende quel genere musicale nato principalmente a Seattle a cavallo degli anni ’80-90’, che trae origine soprattutto dal punk rock, dall’heavy metal e dall’hard rock, da qui la definizione di “sporco”, anche se tale termine è molto probabilmente una strategia di marketing, quindi sarebbe più corretto parlare di alternative rock e alternative metal. Non è un caso, infatti, che i gruppi cosiddetti grunge si diversifichino tra loro proprio per l’eterogeneità della loro musica. Ciò che li accumuna fu il successo che riscontrarono, soprattutto tra i giovani, che si sentivano rappresentati dall’“anti-modello”, ossia figure spesso dal look “trasandato”, in parte socialmente emarginate, a volte facenti uso di droghe, di certo non i classici modelli imposti dalla società perbenista, cioè figure dedite al superficiale culto della bellezza esteriore, all’esaltazione del successo lavorativo e sportivo, ecc.
La copertina di In Utero, che inizialmente doveva chiamarsi I Hate Myself And Want To Die (come l’omonima canzone), si presenta con la figura di una donna alata a cui si vedono gli organi interni. Un collage di viscere, uteri, feti e così via era infatti l’idea grafica iniziale (ripresa nel celebre videoclip di Heart-Shaped Box), che richiama la tecnica del cut-up usata per i testi delle canzoni.
Il disco inizia con «Teenage angst has paid of well / Now I’m bored and old» (Serve the Servants), in cui Kurt prende le distanze da Smells Like Teen Spirit, popolare canzone – tanto da essere banalmente l’unica ricordata dalla maggior parte delle persone – tratta dal secondo album Nevermind (1991), di cui il gruppo non era molto soddisfatto della registrazione in studio;
Si passa a «Like most babies smell like butter / His smell smelled like no other / He was born scentless and senseless / He was born a scentless apprentice» (Scentless Apprentice), allusione al romanzo Il Profumo di Patick Süskind, libro apprezzato dallo stesso Kurt, in cui si narra la vicenda di Jean Baptiste Grenouille, uomo senza odore, ma dall’olfatto finissimo, ossessionato dal voler creare la quintessenza, attraverso l’odore del corpo delle donne che uccide;
«She eyes me like a Pisces when I am weak / I’ve been locked inside your heart-shaped box for weeks / I’ve been drawn into your magnet tar pit trap / I wish I could eat your cancer when you turn black» (Heart-Shaped Box) rimanda al rapporto problematico di Kurt con la moglie Courtney Love, da molti vista come una delle principali cause della morte dell’artista;
Arriva quindi la provocazione attraverso «Rape me, rape me, my friend / Rape me, rape me, again» (Rape me), canzone contro lo stupro, metafora a quello subìto dall’artista da parte dei media;
E ancora «I miss the comfort in being sad» (Frances Farmer Will Have Her Revenge On Seattle), ritornello della canzone dedicata a Frances Farmer, attrice dichiarata mentalmente instabile, che quindi subì un’operazione di lobotomia e affogò dunque la sua tristezza nell’alcol;
Ecco che arrivano i versi «I’m not like them / But I can pretend», «My heart is broke / But I have some glue», «Then we’ll come down / And have a hangover» e «I think I’m dumb / Or maybe just happy» (Dumb – canzone preferita dell’autore di questo articolo), in cui emerge nuovamente il disagio di Kurt e qualche (finto) spiraglio di superamento;
«I take pride as the king of illiterature / I’m very ape and very nice» (Very Ape) fa riferimento alla “superiorità” di certe persone, rappresentative di uno stereotipo da cui Kurt prende le distanze con orgoglio;
In «Look on the bright side is suicide» (Milk It), verso di una delle canzoni più oscure e grottesche dell’album, è contenuta un’allusione a ciò che Kurt avrebbe compiuto qualche mese più tardi;
Con «Sit and drink Pennyroyal Tea / Distill the life that’s inside of me» (Pennyroyal Tea), titolo che allude a un’erba che favorisce l’aborto, Kurt fa riferimento alle proprietà della Pennyroyal, oltre che citare il cantautore e scrittore Leonard Cohen, invocandone un “oltremondo”;
«What is wrong with me? / What do I think? I think» (Radio Friendly Unit Shifter) sono le domande assillanti che si pone continuamente Kurt nella canzone;
L’iniziale verso «May day, every day, my day / Could’ve had a heart attack, my heart» (Tourette’s) e ciò che segue viene cantato urlando istericamente, richiamando le forme più gravi di chi è soggetto dalla Sindrome di Tourette, rendendo l’intera composizione una sorta di crisi nevrotica;
Si ritorna a toni più sommessi con «What else should I be / All apologies» (All Apologies), che lo stesso Kurt aveva dedicato alla moglie e alla neonata figlia Frances Bean durante un concerto (Live at Reading, 1992);
Il disco si conclude con «It hurts when you have to press that dull little thing» (Gallons of Rubbing Alcohol Flow through The Strip), bonus track di discussa interpretazione, presente solo nell’edizione europea, ma che in ogni caso chiude quello che risulta essere l’album meglio riuscito dei Nirvana.
Tracklist: 01. Serve the Servants 02. Scentless Apprentice 03. Heart-Shaped Box 04. Rape me 05. Frances Farmer Will Have Her Revenge on Seattle 06. Dumb 07. Very Ape 08. Milk It 09. Pennyroyal Tea 10. Radio Friendly Unit Shifter 11. Tourette’s 12. All Apologies (13. Gallons of Rubbing Alcohol Flow through The Strip)
Molti attribuiscono la fine dell’ondata grunge al suicidio di Kurt Cobain (1994), a cui hanno fatto seguito la morte di Layne Staley (2002), frontman degli Alice in Chains (e dei Mad Season), e di Chris Cornell (2017), leader dei Soundgarden (e degli Audioslave, nonché membro dei Temple of The Dog), tutti esponenti dei gruppi grunge di maggior successo, giusto per citarne qualcuno. Certo è che dalla metà degli anni Novanta la musica ha subìto nuovamente un declino, lasciando spazio a band commerciali senza alcun talento musicale, salvo qualche eccezione. Ma se anche alcuni dei maggiori artisti del genere se ne siano andati per sempre, questo non toglie il fatto che il grunge sia stato una perla della storia della musica, in grado di trovare consenso ancora oggi nelle nuove generazioni, che di certo non l’hanno vissuto in prima persona, ma si riconoscono nei temi introspettivi, enigmatici e oscuri delle canzoni, spesso cantate/urlate con rabbia e sofferenza. Il grunge resterà quindi sempre vivo.