“La schiavitù attuale è la fame… quindi il giorno 13 maggio 1958 io lottavo contro la schiavitù odierna – la fame!” afferma la scrittrice e poeta nera Carolina Maria de Jesus nel suo diario “Stanza dei rifiuti” [1] (Jesus) della fine degli anni ’50.
É il 2021, e la Embrapa, struttura di ricerca e innovazione del Ministero dell’Agricoltura, Allevamento e Approvvigionamento, dichiara che il Brasile alimenta il 10% della popolazione mondiale, cioè 800 milioni di persone, attraverso l’esportazione di 167 milioni di tonnellate di derrate nel 2020 (Contini), aggiungendo che il paese esporta mondialmente dopo aver nutrito in modo adeguato la sua popolazione. Tale affermazione sembra ignorare che, secondo un rilevamento nazionale (Penssan), 33 dei 219 milioni di cittadini brasiliani soffrono la fame (Campello), e più di metà, per problemi di reddito, vive in insicurezza alimentare, cioè senza accesso a cibo adeguato e continuativo (Nascimento). Walter Belik, già professore della Unicamp e direttore aggiunto dell’ Instituto Fome Zero, in una intervista al giornale d’inchiesta “O joio e o trigo” (Pomar 2021) , giustamente fa notare che “non puoi dire che stai alimentando il mondo se alimenti male la popolazione del tuo paese”. In tale contesto perfino chi coltiva non sfugge alle statistiche: 22% dei produttori famigliari soffre la fame (Penssan). I motivi sono variati: degli 88 milioni di tonnellate di mais e dei 135 milioni di tonnellate di soia del raccolto 2020/2021 solo due e 36 milioni, rispettivamente, sono entrati direttamente nel consumo umano, mentre 55 e 17 sono diventati mangime animale e 22 e 82 sono stati destinati a esportazione (Pomar 2021). Secondo l’agronomo Leonardo Melgarejo della Società Brasiliana di Agroecologia/ABA: “la fine delle politiche di acquisto di alimenti dell’agricoltura famigliare, l’assenza di stock regolatori e di strutture di mercato disincentiva la produzione di alimenti, portando inflazione e fame”. Né va dimenticata la disattivazione del Ministero dello Sviluppo Agrario nel 2016 mentre lungo è l’elenco di programmi socio-rurali che non fanno più parte del bilancio dell’Unione in spregio agli obblighi costituzionali e legali sul diritto umano al cibo. Per i piccoli agricoltori mancano incentivo finanziario e tecnico, sementi, acqua e persino terra per piantare in condizioni di sicurezza. Infatti, lo spazio rurale è soffocato da una violenza fisica e una prevaricazione sociale senza pari. I contadini vogliono seminare riso e fagioli, il “pane quotidiano” della popolazione, ma ciò viene negato da governi proni solo all’agrobusiness. Il rapporto 2022 (CPT) della Commissione Pastorale della Terra[2] documenta un aumento del 1.110% delle morti per conflitti rurali con massacri di indigeni e rurali senza terra. Per garantire sicurezza alimentare e cibi sani ci vuole calma e concordia nelle campagne. Secondo Daniela Frozi (Giovanaz) della Rete Penssan “il modello agroindustriale, incentrato sull’ esportazione di alimenti, non pone fine alla fame, perché trasferisce la maggior parte della ricchezza fuori dal paese e tratta l’alimento come una commodity, … ma questa produzione non incide né dialoga con un modello alimentare adeguato per la popolazione”.
Contro la fame!
Eppure, in vari modi molti attori costruiscono eccome modelli alimentari alternativi e organizzano pratiche di contrasto a una situazione che la pandemia ha esasperato insieme ad un aumento dei prezzi, influenzati dalle quotazioni internazionali delle derrate. Vediamone alcuni fra tanti.
1) Protagonista di molte iniziative è il MST/Movimento dei Lavoratori rurali senza Terra che rivendica l’ampliamento della riforma agraria e accompagna pratiche sociali di inclusione e consolidamento degli assentados[3]. Nelle sue quasi quattro decadi di vita il MST è diventato una struttura articolata in diverse aree con l’obbiettivo di dare vita a progetti sociali avanzati di massa. Fra questi vi sono armazéns do campo/magazzini del campo, negozi soprattutto di frutta, verdura, latticini avviati fra luglio e agosto 2016 in alcune delle grandi città; oggi hanno 25 empori e 39 punti di commercializzazione in 13 dei 27 Stati. Come ricorda in una intervista (Furtado) uno dei coordinatori del progetto Ademar Ludwig “dal momento che MST è un movimento di massa, di conseguenza anche le nostre attività devono essere di massa”. Non a caso MST parla di Riforma agraria popolare –cioè non calata e controllata dall’alto- che affianca ai propri consociati agricoltori famigliari, indigeni, quilombolas (cioè discendenti dalle comunità di schiavizzati fuggitivi), rivieraschi, donne contadine, lavoratori rurali e collabora con sindacati di agricoltori e contadini sia del Brasile che internazionali. L’obiettivo è fornire alimenti salubri, privi di sfruttamento e di veleni ad un prezzo giusto sia per i produttori che per i consumatori “a favore della classe lavoratrice della campagna e della città” (ibidem). Inoltre, integra la coltivazione con impianti di lavorazione dei prodotti, programmi in corso di riforestazione (100 milioni di messa a dimora nei prossimi 10 anni) e anche raccolta di capitali da investire in terre di riforma agraria. Durante la pandemia il MST ha donato oltre 7.000 tonnellate di alimenti, distribuito 10.000 cestas basicas [4] e due milioni di pranzi solidali. Il magazzino, aggiunge Ludwig, “è uno spazio in cui sempre avrà priorità e incentivo la produzione agroecologica”. Sì, perché è bene distinguere: infatti alimenti e materie prime vengono considerati bio se non utilizzano pesticidi, ciò che può avvenire anche nell’agrobusiness. Viceversa, l’agroecologico tiene conto di condizioni di lavoro, rispetto della biodiversità, compatibilità con gli ecosistemi locali, pratiche di industrializzazione dell’intero processo e cerca anche di recuperare tecniche tradizionali e ancestrali.
2) Per iniziativa di associazioni e gruppi locali disseminati nelle infinite periferie di città grandi e minori ampia è l’azione dal basso nei quartieri più disagiati durante la pandemia. In particolare, essa ha riguardato l’assistenza sul territorio delle persone colpite dal contagio e sole e l’allestimento di presidi alimentari. Nella difficile Zona Sud di San Paolo opera dal 2011 l’Agenzia Solano Trindade[3]. In questa area di 607 kmq con 2,2 milioni di abitanti, con basso indice di sviluppo umano e alta violenza sulle donne, l’Agenzia nel periodo recente ha organizzato tra l’altro un settore di commercializzazione di alimenti organici, ristoranti e cucine popolari che recuperano le tradizioni culinarie delle molte e diverse culture presenti. Così, dando dignità all’arte del cibo dei popoli ancestrali e afrodiscendenti, si migliora la qualità quotidiana della vita e si combatte il fortissimo razzismo strutturale che avvelena il Brasile. Sì, perché la fame ha colore! (Baptista). Oggi 70% delle persone affamate in Brasile sono nere; l’insicurezza alimentare moderata o grave interessa rispettivamente 24,4% e il 16% dei domicili con capofamiglia ner* e bianc*.
Gli esempi si potrebbero continuare. Ma può essere utile porsi un paio di domande: la prima riguarda i motivi che portano alla moltiplicazione di esperienze di autonomia alimentare e sociale; la seconda è se tutto ciò ha un effetto incisivo o se invece rimane nel limbo marginale di esempi più o meno originali (Dowbor). Per quanto riguarda la prima il ritorno di insicurezza alimentare e fame (FAO) in Brasile dal 2016 unito all’isolamento e abbandono pandemico, hanno indotto gruppi di cittadini, soprattutto in aree urbane, a costruire forme indipendenti per rispondere a necessità di base. In parallelo nelle zone rurali i danni causati dall’avanzata violenta dell’agrobusiness e della coltivazione mineraria hanno spinto i coltivatori a collegarsi fra di loro e a relazionarsi con i consumatori come misura di salvaguardia. Anche le conseguenze perniciose della diffusione di agro tossici e biocidi (Amigos da Terra) che minano la salute e contaminano i suoli impone di scegliere altre strade. Basti pensare che fino alla fine del 2021 sono stati autorizzati dal governo federale 550 nuovi pesticidi, disprezzando le critiche di molti scienziati e le infinite proteste degli abitanti delle zone avvelenate. E non è bello che paesi avanzati, parecchi dell’Unione Europea, continuino a esportare veleni, che proibiscono a casa loro.
Sul secondo punto i dati statistici dell’MST e dell’Associazione Brasiliana di Agroecologia indicano un volume di produzione e di soggetti coinvolti non indifferente che vanno al di là di esperienze puntiformi e isolate: MST coordina 160 cooperative, 120 agroindustrie, 1900 associazioni. 450.000 famiglie assentadas; ABA 195 dispositivi, 1031 organizzazioni, 3126 esperienze, 25 reti. Entrambi sono presenti in buona parte dell’infinito territorio brasiliano. Tutto ciò credo che permetta di ritenere il settore significativo e in grado di ampliarsi. Quindi viva il consumo etico che sceglie la sua strada!
Lavinia Clara Del Roio
San Paolo, 20 Ottobre 2022
Amigos da Terra, Comercio toxico. A ofensiva da lobby soa agrotoxicos da União Europeia no Brasil, 2022
Baptista, Kelly, A fome tem cor, “Mundo negro”, 16 de julho 2022
Campello, Tereza, Bortoletto, Ana Paula, Da fome a fome: diálogos com Josué de Castro, Saõ Paulo, Edições Português, 2022
Contini, Elisio, Aragão, Adalberto, O agro brasileiro alimenta 800 milhões de pessoas, “Neo Mundo”, 26.02.2021
CPT/Comissão Pastoral da Terra, Conflitos no campo 2021, Brasilia, 2022
Dowbor, Ladislau, No passo de cada dia.Opções economicas para sair da crise, ed. Autonomia Literaria, São Paulo 2021 FAO, The State of Food Security and Nutrition in the World (SOFI), Roma 2021Furtado, Lays, Armazém do campo: 5 anos da maior rede de produço da Reforma agraria popuar do Brasil, “Brasil de Fato”, 10.08.2021
FAO, The State of Food Security and Nutrition in the World (SOFI), Roma 2021
Furtado, Lays, Armazém do campo: 5 anos da maior rede de produço da Reforma agraria popuar do Brasil, “Brasil de Fato”, 10.08.2021
Giovanaz, Daniel, “O Brasil precisaria de uma CPI da Fome”, diz pesquisadora. Daniela Frozi ressalta que os impactos socioeconômicos da pandemia foram mais graves no Brasil do que em outros países do G20, “o joio e o trigo”, 13.7.2022
Granjera, Julianna, Alimento organico ou agro ecologico? Entenda a diferencia entre os modos de
produção, “Brasil de fato”, 3.03.2018
Jesus, Carolina Maria de, Stanza dei rifiuti e altre opere, a cura di Rita Ciotta Neves, Alpes Italia, Roma, 2021
Nascimento, Amália Leonel, Andrade, Sonia Lúcia Sousa de, Segurança alimentar e nutricional:
pressupostos para uma nova cidadania?, “Ciência e Cultura” 2010; 62(4):34-38
PENSSAN Rede Brasileira de Pesquisa em Soberania e Segurança Alimentar e Nutricional, 2º Inquérito Nacional sobre Insegurança Alimentar no Contexto da Pandemia da Covid-19, giugno 2022
Pomar, Marcos Hermanson, O Agro brasileiro alimenta o mundo? Estudo da Embrapa usa regra de três para provar que sim, mas os fatos dizem que não, “o joio e o trigo”, 18.08.21
Pomar, Marcos Hermanson Até quem produz comida passa fome, “o joio e o trigo” ,15/06/2022
[1] Il 13 maggio 1888 veniva firmata la cosiddetta Legge Aurea che poneva formalmente fine alla schiavitù in Brasile
[2] Commissione della CNBB/Conferenza Nazionale dei Vescovi Brasiliani
[3] Pur con differenze in Italia sarebbero gli assegnatari delle terre della riforma agraria degli anni ’50.
[4] Sono ceste di cibi di base (riso fagioli olio zucchero farina latte ecc.) che coprono l’alimentazione di una famiglia di 4 persone per 10 giorni.