Nuovo TESTO UNICO del VINO: più Certezza del diritto o insopportabili obblighi burocratici?
“Con il Testo unico possiamo contribuire a rafforzare la crescita di un settore che già oggi vale più di 14 miliardi di euro e con un export che supera i 5,5 miliardi” aveva affermato con fierezza il ministro delle politiche agricole Maurizio Martina in occasione dell’approvazione all’unanimità dei due rami del Parlamento del nuovo TU del vino.
“La burocrazia che uccide i piccoli produttori di vino!” (E anche di olio d’oliva) gridano più di 200 piccoli vignaioli di ogni Regione firmando una lettera aperta al ministro dell’Agricoltura per contestare la raccolta di norme che il Parlamento ha varato proprio per ridurre la burocrazia.
In occasione di una recente manifestazione vinicola (ViniTaste, evento di degustazione di oltre 50 Vini di Piccole Cantine tenutosi nel mese di marzo a Milano) alla quale ho avuto la fortuna nonché il piacere di partecipare, ho avuto modo di riflettere su di un avvenimento accaduto nopn troppi mesi fa, riguardante il mondo della produzione vinicola italiana e forse meritevole di una più consistente risonanza mediatica considerando la portata economico culturale del suo contenuto. Oggetto della mia poco tempestiva riflessione è stato il nuovo TU del vino. Nato con l’intento di semplificare, in realtà pare che il nuovo strumento complichi la vita dei piccoli produttori inserendo una serie di obblighi burocratici insostenibili, come ad esempio il registro vinicolo digitale.
Il contesto attuale nostrano parla chiaro: In Italia ci sono 52 mila produttori e di questi 48 mila imbottigliano meno di 1000 ettolitri. Il 53% della produzione è ottenuta dalle cantine cooperative, mentre la superficie media è di soli 1,6 Ha. Sembra quasi che l’obiettivo sia quello di ostacolare la partecipazione delle micro imprese al Mercato Globale invece di agevolarne lo sviluppo in virtù del fatto che i piccoli produttori rappresentano circa il 90% dell’intera produzione nazionale. Il nuovo TU infatti prevede che dal primo maggio chi non avrà attivato il registro digitale sarà multato (esente solo chi non produce più di 50 ettolitri e vende direttamente le bottiglie in azienda). Ma come poter pensare di prevedere le stesse regole per i mega produttori industriali e per i mini artigiani vignaioli? Perché allora non pensare un sistema adatto alle esigenze del maggior numero di produttori che elimini obblighi, procedure, patentini, corsi e registri che rischiano di soffocare le piccole aziende?
Questa la richiesta dei 200 militanti della battaglia alla burocrazia del vino che, tra una manifestazione d’eccellenza e l’altra in giro per le città del Bel Paese (vedi la succitata ViniTaste), non solo prevedono una partecipazione ancora più numerosa a stretto giro di boa per la loro protesta, ma inoltre minacciano una Campagna di Disobbedienza civile, invitando tutti i vignaioli italiani a non adempiere alle richieste di adeguamento della nuova legislazione in materia di registri telematici qualora gli otto punti presentati per lottare contro “un’economia virtuale e parassitaria” non vengano presi in considerazione dalle alte sfere.
Ed ecco che all’importante innovazione nella tutela del prodotto contro la contraffazione, alla salvaguardia dei vigneti eroici e storici e a un sistema di controlli più efficaci per le imprese vinicole, il cuore della protesta risponde mettendo in evidenza il ruolo centrale delle piccole aziende nella salvaguardia dell’ambiente e del territorio nel suo complesso, dichiarando che il soffocamento di queste piccole realtà non potrà che passare la mano a un tipo di agricoltura che inevitabilmente distruggerà la risorsa primaria.