A inizio mese gli account ufficiali di Disney hanno condiviso il primo trailer ufficiale del nuovo live action della Sirenetta uno dei classici più amati di sempre. La scelta dell’attrice però, Halle Bailey, ha scatenato non poche polemiche. Perchè? Perchè secondo alcuni la sirenetta avrebbe dovuto essere bianca.
Le presunte motivazioni di questo malcontento sono svariate e, molte volte, assurde. Motivo per cui, sembra doveroso cercare di analizzarle, rispondendo a ciascuna di esse.
L’originale
Chi difende a spada tratta il fatto che la sirenetta non venga rappresentata cosí come nel cartone originale, forse è in mala fede o forse è disattento. Già dal trailer, infatti, il personaggio ci viene presentato con la sua folta chioma rossa e il suo iconico outfit: la coda verde e il reggiseno di conchiglie lilla. Il colore della pelle non è una caratteristica imprescindibile per l’iconicità della sirenetta e, per altro, non cambia in alcun modo lo svolgimento della storia.
Il mito
Ulteriore categoria di scontenti è quella di coloro che si ergono ad esperti del mito e del folklore danese. La storia originale, infatti, firmata Andersen e non Disney, ambienta la storia della sirenetta in Danimarca. Per gli scontenti, che d’ora i poi chiameremo così, una sirenetta danese non può automaticamente essere nera, dimenticando che il mondo è un luogo di flussi migratori e che, in ogni caso, le sirenette non esistono.
Il razzismo
Com’è possibile che il semplice colore della pelle stravolga la narrazione di un classico Disney creando un clamore così grande?
Cambierebbe lo svolgimento della storia sostituire un cane con il topo di Ratatouille: non ci starebbe sotto il cappello, pare evidente. Cambierebbe la storia scegliere un’attrice bionda per Pocahontas: è una storia realmente accaduta di una nativa americana, anche qui pare evidente che non sia possibile cambiarne l’etnia.
È mai possibile, dunque, che gli “scontenti” in realtà non siano semplicemente razzisti? Io credo che sì, sia possibile. Negli anni abbiamo utilizzato attori bianchi per interpretare personaggi di qualsiasi etnia, dal film su Gengis Khan (mongolo), al film su Gesù Cristo (spoiler: non era bianco) fino alla scelta di far interpretare una cyborg giapponese a Scarlett Johansson in Ghost in the Shell. Inoltre, non dimentichiamo che tutti i personaggi neri, fino agli anni ’70 del secolo appena trascorso circa, venivano interpretati da attori bianchi tramite la tecnica della blackface. Sembra, però, che questi episodi non abbiano portato la medesima indignazione.
È da questi episodi che emerge il privilegio razziale di cui ancora oggi la nostra cultura è pregna: ci troviamo davanti ad una massa di adulti bianchi, che non sono assolutamente il target del live action, e li vediamo criticare l’uscita di un film di fantasia che già solo col trailer ha portato un’immensa gioia a moltissime bambine nere che per la prima volta potranno sentirsi rappresentate. Essere razzisti anche sulla fantasia ha decisamente del pericoloso.
Chiara Saibene Falsirollo