Si dominano più facilmente i popoli eccitandone le passioni che occupandosi dei loro interessi
Si dominano più facilmente i popoli eccitandone le passioni che occupandosi dei loro interessi. Cosi scriveva Gustave Le Bon, in “Aforismi dei tempi presenti”, nel 1913. L’antropologo, psicologo e sociologo francese sembra con questa frase sintetizzare ciò che, durante tutto il ‘900 e durante questi primi anni del nuovo secolo, è stato utilizzato dai punti di riferimento delle masse, per incanalare pensieri, emozioni e comportamenti verso i propri interessi.
Una volta erano i grandi imperi, i governi, talvolta le dittature, personaggi carismatici a rappresentare tali punti di riferimento. Oggi non più. Oggi sono le grandi multinazionali, le grandi compagnie il cui unico obbiettivo è accumulare denaro e quindi potere. Può sembrare il solito discorso di un vecchio e noioso comunismo, mai realmente concretizzato e ora mai, evidentemente, superato.
Invece credo di rappresentare molti giovani che come me cercano semplicemente di dare un senso a ciò che ci circonda, a ciò che si vive. Il materialismo, il consumismo sono caratteristiche di un mondo accelerato che non lascia spazio a riflessioni, a rielaborazioni. Si tratta sempre e solo di un agito, una risposta immediata a stimoli che invece sono spesso ben studiati ed organizzati.
I tragici fatti che ogni giorno avvengono in tutto il mondo, guerre, attentati, privazioni dei diritti fondamentali, episodi vicini e lontani, che oltre a spaventare, commuovere, spingono a cercare e ad identificare un responsabile. Sono fatti talmente assurdi, subiti e perpetrati dagli stessi esseri umani, che si ha la necessità di rintracciarne le cause. L’uomo è fondamentalmente ottimista e nutre delle aspettative nel mondo che gli consentono di non essere in balia degli eventi. Tali aspettative consentono di orientarci rispetto ad un futuro possibile, di trovare strategie per evitare le minacce. Quando queste ultime prendono il sopravvento i nostri riferimenti crollano, e cosi si ricerca un colpevole, qualcosa o qualcuno che possa giustificare l’accaduto e riportare un ordine.
E qui il problema. A volte un ordine non c’è oppure ha dei precursori talmente lontani nella storia e di entità cosi grande che non sono sufficienti a rassicurarci.
Quale allora la soluzione possibile? Un orizzonte valoriale comune, condiviso che abbia come epicentro l’essere umano ed il bene comune, valorizzato dalle reciproche differenze. Per quanto possa sembrare un concetto scontato, pare sia di difficile applicazione dato il continuo escalation di violenza, un circolo che si alimenta tra le memorie collettive delle nazioni, dei popoli, delle diverse etnie, delle singole famiglie, all’interno delle singole famiglie. Per arrivare al traguardo, rappresentato da un orientamento valoriale condiviso, non sono necessarie parole vuote, discorsi carichi di interessi mascherati da passione, buonismi, bombe, esasperazioni di minacce, paure, accentuazione di stereotipi, che portano solo ad una cristallizzazione di poli e visioni opposte. No, al contrario. Serve incrementare consapevolezza, pensiero critico, educazione, ricerca dei reali interessi dell’uomo, esperienza, fiducia e speranza nel prossimo.
L’uomo è un essere sociale, non può prescindere da un altro, che in quanto tale è diverso. La necessità è quindi quella di riuscire a cogliere l’opportunità che offre la diversità e l’incontro, talvolta faticoso, con l’altro. Per assolvere a questo bisogno serve tempo, serve fermarsi e riflettere di tanto in tanto al fine di non cadere nella banalità del male, come ci ricorda Hannah Arendt.
In conclusione la proposta di porsi maggiori quesiti, darsi meno risposte immediate nel tentativo di commettere meno agiti.
Federica Petralli
Vicepresidente AceA Onlus