“È per me una nuova chiamata, inattesa, alla responsabilità; alla quale tuttavia non posso e non ho inteso sottrarmi”.
Con queste parole Sergio Mattarella si è presentato nell’aula di Montecitorio lo scorso 3 febbraio per accettare il suo secondo mandato come Presidente della Repubblica. Le parole decise, lo sguardo serio, confermano che anche questa volta il capo del Quirinale si è dimostrato una certezza e un’ancora di salvataggio per questo paese. In questi anni infatti Mattarella ne ha viste passare tante sotto i suoi occhi. Candidati premier che lanciavano su di lui minacce di impeachment; ministri dell’interno che chiedevano pieni poteri da una spiaggia, fino all’ultima supplica che i partiti gli hanno fatto per farlo rimanere ancora al Colle. I partiti appunto, per chi scrive i grandi sconfitti di questa partita del Quirinale. Tranne pochissime eccezioni infatti, le forze politiche in questa occasione hanno rivelato molte delle loro fragilità.
Analizzando la situazione dei vari schieramenti all’interno del parlamento, risulta abbastanza evidente che i maggiori sconfitti di questa trattativa del Quirinale siano i due partiti che avevano iniziato a governare il paese a inizio legislatura. Ovvero Lega e Movimento 5 stelle. Queste due forze politiche, unite nel maggio 2018 per creare un governo all’insegna del sovranismo e lontano dagli ideali europeisti, già l’anno scorso avevano dovuto ridimensionare la loro tipica narrazione populista e anti-establishment accettando l’ingresso nell’esecutivo di Mario Draghi, ex presidente della Banca centrale europea. Poi le elezioni per il nuovo Presidente della Repubblica. Matteo Salvini, leader della Lega, comincia a candidare nomi senza prima confrontarsi con le altre forze politiche, con il risultato di bruciare letteralmente tutte le sue candidature. Non solo, accodandosi poi lui stesso alla richiesta al Presidente Mattarella di rimanere per un altro mandato, riesce a rendere ancora più fragile la coalizione di centro destra, che dall’inizio delle trattative per il Quirinale aveva sempre escluso l’opzione di un Mattarella bis.
Poi c’è il Movimento 5 stelle, e qui la situazione è forse ancora più complicata. Il presidente Giuseppe Conte, che si era dimostrato un ottimo mediatore nelle sue due esperienze come capo di governo, sta trovando invece molte difficoltà come leader di partito, non riuscendo a superare le varie fratture che caratterizzano questa forza politica. Conte a un certo punto sembra deciso nel voler portare al Quirinale la prima presidente donna nella storia della Repubblica. C’è anche un nome che comincia a farsi pesantemente strada, quello di Elisabetta Belloni, direttrice generale del Dipartimento per le informazioni per la sicurezza, ovvero la direttrice dei servizi segreti italiani. Questa ipotesi però, che era già stata annunciata dal capo del Movimento 5 stelle alla stampa, non convince molti, tra cui anche il suo compagno di partito Luigi Di Maio, che nella sera di Venerdì 28 gennaio dichiara pubblicamente che molte leadership politiche hanno fallito. Un’evidente riferimento al presidente del suo Movimento, e una conferma del fatto che questa forza politica sia sempre più dilaniata al suo interno da due correnti in contrasto fra loro.
Probabilmente, gli unici partiti che ne escono “bene” da questa vicenda sono il Partito Democratico e Fratelli d’Italia. Giorgia Meloni, vince per lo meno il premio coerenza. La leader di FDI infatti dall’inizio delle trattative per il Quirinale si era mostrata contraria a un secondo mandato a Sergio Mattarella, ed è rimasta decisa nella sua idea. Il Partito Democratico invece, conscio del fatto di non avere i numeri in Parlamento per eleggere un presidente di centro sinistra, ha deciso di tirare alla lunga i giochi per cercare il più possibile un accordo con le altre forze politiche. Una tattica che dal comico veneto Andrea Pennacchi è stata definita come ” fingiamoci morti per sopravvivere.”
Certo, anche il partito di Enrico Letta ha dimostrato ancora una volta di essere spaccato al suo interno . Il caso Belloni, nome che ere stato proposto anche dallo stesso segretario Dem, ne è la conferma. Molti parlamentari del Partito Democratico erano infatti contrari a questa candidatura, e anche per questo è stata probabilmente affossata.
Alla luce di quanto scritto fin qui, risulta chiaro che le forze politiche ora dovranno fare lunghe riflessioni al loro interno, capire i loro indirizzi ideologici e prepararsi al prossimo appuntamento elettorale nel 2023. Noi cittadini intanto, possiamo almeno conservare la certezza di avere a capo del governo e a capo dello Stato due figure all’altezza di questi ruoli.
Francesco Martano