“E’ un onore e un grandissimo orgoglio” ha dichiarato Mateo Retegui a suo padre, dopo essere stato convocato dall’Italia di Mancini per la nazionale maggiore italiana che gli ha precluso la possibilità di rappresentare l’Argentina, paese dove è nato e dove è emigrato suo nonno, nella prima metà del Novecento, lasciando Canicattì e la sua patria trinacria.
Sono passati oltre cento anni dalla convocazione del primo oriundo che ha vestito la maglia dell’Italia: Eugenio Mosso, nato anche lui in Argentina, a Mendoza, nel 1895 e convocato dall’allenatore William Garbutt per un’amichevole disputata contro la Svizzera a Berna nell’aprile del 1914.
In un secolo di storia della nazionale italiana sono stati moltissimi gli oriundi che si sono vestiti di azzurro per rappresentare la patria che fu dei loro avi, insieme ad altrettanti giocatori nati al di fuori dei confini italiani ma che hanno scelto di rappresentare lo Stivale sul campo da calcio. Osserviamo dunque tutti i giocatori che hanno giocato un mondiale con la maglia azzurra senza essere nati in Italia, testimoniando un apporto fondamentale, quello dato dai figli, nipoti, o pronipoti di emigranti: basti considerare che in tutte e quattro le edizioni dei mondiali vinte dagli Azzurri, è sempre stato presente in rosa almeno un giocatore che non era nato in Italia.
L’Italia vince i suoi due primi mondiali nelle prime due edizioni a cui partecipa: prima nel 1934 proprio in Italia e successivamente, quattro anni dopo, in Francia.
Siamo nel pieno del periodo tra le due guerre, e l’incidenza dei migranti nelle rose schierate in campo riflette i flussi che hanno accompagnato l’emigrazione transatlantica a cavallo tra il XIX ed il XX secolo.
In un’Europa che ancora conta le ferite del primo conflitto mondiale e che è invasa dai fascismi che genereranno un secondo e ancor più catastrofico conflitto, l’inseguimento del “sogno americano” appare come un’ancora di salvezza e di riscatto. Si stima che tra il 1800 ed il 1910 l’emigrazione transatlantica coinvolse ben 60 milioni di individui, e nel periodo tra il 1846 ed il 1932 le popolazioni che maggiormente inseguirono il sogno americano furono quelle inglesi (16.196.000), italiane (10.092.000) e tedesche (4.899.000). La destinazione più gettonata erano gli Stati Uniti d’America, che si stima raccolsero quasi il 90% dei flussi transatlantici, mentre la restante percentuale si riversò sui paesi dell’America Meridionale ed in particolar modo l’Argentina ed il Brasile.
Il continente europeo si trovava a gestire un eccesso di manodopera che ciclicamente provocava crisi e disoccupazione, mentre il “sud del mondo” necessitava di un’ampia manodopera che potesse contribuire allo sviluppo di un’economia ancora molto giovane.
Il Brasile, ad esempio, dopo l’abolizione della schiavitù ottenuta negli anni ‘80 del XIX secolo, necessitava di un’ampissima quantità di lavoratori disposti a impiegarsi ad un basso costo specialmente nei settori nei quali venivano prima impiegati gli schiavi: le piantagioni di caffè, ad esempio, erano tra i lavori più richiesti dal governo brasiliano per risollevare l’economia, ed interessò migliaia di lavoratori migranti.
La nazionale di Vittorio Pozzo del 1934 convoca oltre il 30% di giocatori nati al di fuori del confine italiano. Mario Varglien è nato a Fiume, nell’allora Impero Austro-Ungarico, mentre Felice Borel è nato in Francia, da commercianti nizzardi; gli altri giocatori sono nati tutti oltreoceano. Anfilogino Guarisi, nato a San Paolo, ha inaugurato una lunga e fruttuosa dinastia di giocatori italiani nati in Brasile, mentre i restanti convocati nati al di fuori dall’Italia erano nati tutti in Argentina. Enrique Guaita, Attilio Demaria, Raimundo Orsi e Luis Monti che quattro anni prima aveva disputato la finale dei mondiali vestendo proprio la maglia dell’Argentina.
Nel 1938 nessuno dei giocatori sopracitati venne confermato e solo uno dei 22 in rosa non era nato in Italia: Michele Andreolo, nato in Uruguay da genitori italiani.
Significativo flusso di oriundi si ritrovò nella rosa che in Cile nel 1962 non riuscì però a superare la soglia dei gironi. I commissari tecnici Giovanni Ferrari e Paolo Mazza convocano quattro calciatori oriundi: gli argentini Humberto Maschio e Omar Sivori e i brasiliani Angelo Sormani e José Altafini che con il Brasile aveva già disputato il mondiale precedente del ‘58.
Nel 1974 viene convocato per il mondiale in Germania Ovest Giuseppe Wilson, nato in Inghilterra da madre italiana e padre inglese, mentre nelle edizioni ‘78 e ‘82 l’unico giocatore a non essere nato in Italia era Claudio Gentile, nato a Tripoli da genitori siciliani emigrati in Libia da giovani durante il periodo di colonizzazione dello stato africano. Tutt’ora, Gentile, è l’unico giocatore nato in Africa ad aver vestito la maglia della nazionale italiana in un mondiale.
Nel 1998 è Roberto Di Matteo a interrompere oltre un decennio di edizioni mondiali convocando solamente giocatori nati in Italia. Il centrocampista della nazionale, infatti, è nato a Sciaffusa, nell’omonimo cantone svizzero al confine con la Germania, da genitori abruzzesi emigrati in Svizzera in cerca di lavoro. Negli anni del boom economico e nel trentennio del secondo dopoguerra sono circa due milioni gli italiani che scelgono la Svizzera come meta dove trovare un lavoro e stabilirsi. Tra i figli degli emigranti italiani molti sceglieranno di prendere la nazionalità svizzera (come i due calciatori Ciriaco Sforza e Marco Pascolo) mentre altri decideranno di mantenere la nazionalità italiana.
L’Italia torna a vincere un mondiale nel 2006, in Germania, schierando anche in finale due esterni nati al di fuori dell’Italia. Simone Perrotta è nato nei pressi di Manchester da una famiglia originaria di Cosenza, mentre Mauro German Camoranesi, nato in Argentina, è l’oriundo con il maggior numero di presenze nella storia della nazionale azzurra, ben 55. Pronipote di Luigi Camoranesi, emigrato dall’Italia all’Argentina nel 1873, oltre dunque cento anni prima della nascita di Mauro, disputerà anche l’edizione del 2010.
L’ultima partecipazione dell’Italia ai mondiali risale al 2014, nella cui occasione, Cesare Prandelli convoca due oriundi: Gabriel Paletta, pronipote di emigranti dal sud-italia, campione del mondo under 20 con la nazionale argentina, e Thiago Motta, nato in Brasile ma con i genitori di origini italiane, suo nonno materno era infatti emigrato dal nord italia al sud america agli inizi del ‘900 per cercare fortuna come bracciante.
Sono 19, dunque, i giocatori che hanno indossato la maglia azzurra durante un mondiale senza essere nati in Italia: 1 nato in Africa, 5 in Europa e 13 in Sud-America, di cui 1 in Uruguay, 4 in Brasile e 8 in Argentina. Uno specchio fedele dei processi migratori che hanno segnato il nostro Paese. Ancora oggi, infatti, l’Argentina è lo stato con la comunità italiana più ampia al mondo (903 mila iscritti all’AIRE alla fine del 2022), seguita dalla Germania (814 mila emigrati italiani) dove è nato ad esempio il calciatore della nazionale italiana Vincenzo Grifo, mentre il Brasile è la seconda destinazione del Sud-America.
Il calcio si presenta ancora una volta uno specchio dei processi che si intersecano nella nostra società, legando i flussi migratori e lo sport più praticato al mondo, rendendo possibile una proiezione che possa anticipare il paese di nascita dei prossimi convocati nati al di fuori dell’Italia seguendo i flussi di emigrazione dal nostro paese, sperando di poter presto tornare a disputare una fase finale della Coppa del Mondo.
Gian Marco Duina
13/06/2023