“…racconta della difficoltà di definire dei confini e di come questi, nella società contemporanea, tendano a sfumarsi sempre più…”

Di cosa parla questo film? Apparentemente della precarietà della vita dei giovani italiani, ma in realtà racconta della difficoltà di definire dei confini e di come questi, nella società contemporanea, tendano a sfumarsi sempre più.

Il film stesso, per come è costruito, sembra voler rifiutare l’incasellamento all’interno di un genere definito. Ma è proprio questa difficoltà di definizione che lo rende diverso da altri film che parlano del mondo del lavoro.

E’ la storia di un agente di commercio e di tutti i problemi che incontra lungo il suo percorso: i clienti che ti sbattono la porta in faccia, il correre da un posto all’altro, ma soprattutto le difficoltà a farsi pagare. Il protagonista è sempre di corsa, sempre in spostamento ad inseguire gente che non paga i prodotti che ha acquistato. E qui c’è molto di autobiografico. E il film racconta anche di come si rimanga sempre sospesi, sempre precari, in un mondo dove anche i sentimenti sono precari. Sembra la rappresentazione plastica di quanto scritto da Bauman, dove l’uomo si ritrova ad essere un “punto instabile” in un “universo di oggetti in movimento”. Il nostro protagonista non ha più un’identità precisa, perché non ha l’unica della quale avrebbe bisogno in questa società, ovvero quella del consumatore.

Il film oscilla fra il biografico, il sociologico, il thriller psicologico, il poliziesco, il noir, il grottesco, il metafisico, il romantico, senza prendere una precisa direzione. Ed è quindi proprio questo vagare fra i generi, che lo connota come film emblematico della cosiddetta X Generation. Una generazione che non ha ben chiaro dove andare, dove rifugiarsi, che cerca di trovare una propria strada in un mondo senza più crocicchi da seguire. Quindi, la mancanza di un nucleo narrativo saldo diventa, la metafora di una realtà apparentemente incomprensibile. Un mondo senza più centro, senza più punti di riferimento certi. La maggior parte dei personaggi che attraversano questo film è rappresentato da persone che si arrangiano e che hanno dimenticato da tempo il concetto di solidarietà e vicinanza. Un mondo freddo e calcolatore, dove ognuno cerca di salvarsi da solo.

Da segnalare la presenza di Mirko Frezza nel ruolo del parcheggiatore, che abbiamo poi ritrovato protagonista del film “Il più grande sogno” del giovane regista romano Michele Vannucci, che è piaciuto molto al pubblico dell’ultimo Festival del Cinema di Venezia.

Altro aspetto interessante di questo lavoro, è rappresentato dal modo nel quale viene descritta la periferia. Nella maggior parte del cinema italiano, le periferie sono descritte come luogo di perdizione. I giornali mandano inviati (come se fossero paesi stranieri) nelle periferie di Roma, e questi la raccontano come se stessero facendo un safari, continuando a raccontarle come le raccontava Pasolini. In questo film i quartieri popolari sono raccontati e fotografati per quello che sono.

Anche il finale, ambiguo e aperto, non permette allo spettatore di prendere una posizione chiara. Cosa è successo precisamente? Il pubblico che ha assistito alla proiezione spesso ha discusso sul senso di quel finale. Ma anche questa ambiguità del finale, altro non è che l’allegoria della difficoltà contemporanea di comprendere la realtà, e di come questa venga inglobata dai mezzi di comunicazione di massa.

Una opera prima davvero notevole, soprattutto per la capacità di raccontare la difficile vita di un agente di commercio e per la capacità di rappresentare in maniera corale il mondo che si muove attorno al protagonista.

Assolutamente degne di nota la buona recitazione degli attori, cosa non scontata in un’anteprima, e la colonna sonora originale.


Trama

Il numero “4021” è un giovanotto romano, di umilissime origini, con poca cultura e insufficiente educazione alla vita, cresciuto in periferia, con zero sogni nel cassetto, perché nessuno gli ha mai insegnato che se ne potessero avere. Ha appena trentanni, ma se ne sente addosso quasi il doppio. Ha già, infatti, un matrimonio fallito alle spalle con l’unica donna che abbia amato, Daniela, e che lo ha lasciato per un uomo più concreto e presente.
L’agente 4021, non ha nome, o forse non se lo ricorda neanche più. Ha sempre vissuto un’esistenza trasparente; non ha amici, non ha una vita sociale, e non vede alcun futuro davanti a sé. E’ solo e disperato e sta per mettere fine alla sua vita nella spiaggia vicino Roma in cui ha conosciuto Daniela.

Regia: Viviana Lentini.
Soggetto: Viviana Lentini, Simone Pulcini e Elisa Billi.
Sceneggiatura: Viviana Lentini
Interpreti: Simone Pulcini (agente), Luca Di Capua (Rumeno), Elisa Billi (Daniela), Marco Blanchi (Poeta), Orlando D’Apice (scagnozzo), Angelo De Angelis (Agostino), Roberto Di Marco (Giorgino), Mirko Frezza (parcheggiatore), Federico M.Galante (Mariano), Simone Guarany (Matteo), Eugenio Krauss (vigile), Felice Leveratto (Marchetto), Caterina Mannello (Ely), Emanuele Natilizi (Lele), Matteo Quinzi (poliziotto), Carmela Rossi (Zia Carmelina)
Direttore della fotografia e operatore macchina: Matteo De Angelis.
Fonico: Gianfranco Tortora.
Musiche: Andrea Bellucci
Montaggio: Davide Marchione
Color Correction: Sebastiano Greco
Trucco: Graziana Fasino
Elettricista e assistente fotografia: Andrea Di Biase

 

Francesco Castracane

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