In questo momento il calcio femminile è sulla bocca di tutti. I mondiali in Francia stanno mettendo in mostra le doti delle calciatrici, anche quelle delle donne italiane che hanno raggiunto i quarti di finale, avendo battuto la Cina agli ottavi e terminando il girone come prime, davanti a Brasile e Australia, ben più preparate, almeno sulla carta, della nazionale azzurra: un risultato che fa ben sperare per l’intero movimento calcistico italiano. I nomi delle calciatrici sono sempre più noti e i loro volti compaiono sempre di più nelle nostre vite.
Nonostante i risultati della nostra nazionale e la fama che sta acquisendo il calcio femminile non mancano i soliti commenti discriminatori e sessisti. Sono tante le critiche mosse: una delle più comune è la frase “Non sarà mai bello come quello maschile”, come se questa frase avesse un significato concreto. Prendiamo ad esempio, il caso italiano: le calciatrici in Italia sono considerate dilettanti, non professioniste come sancito dalla legge del 23 marzo 1981, n.91. Secondo il dizionario Treccani, dilettante è colui che “coltiva un’arte, una scienza, uno sport non per professione, né per lucro ma per piacere proprio”. Questo è un primo problema perché in Italia sono sempre di più le ragazze che fanno di questo sport la loro professione e questa non lascia spazio ad ulteriori attività lavorative. Dall’essere dilettanti derivano ulteriori svantaggi e mancanza di tutele: non hanno contratti di lavoro che garantiscono compensi mensili, compensi previdenziali, tutele assicurative e non hanno la possibilità di fare contrattazioni collettive. Nel calcio, inoltre, hanno anche tetti massimi salariali.
Tutto questo non è da considerarsi come un ostacolo enorme posto davanti alle nostre calciatrici? Questo non provoca uno sviluppo più lento dell’intero movimento? Sì, e se si pensa alla storia del movimento calcistico mondiale femminile si può notare come sia piena di ostacoli da poter superare per poter ottenere il giusto riconoscimento. Solo pensando alla storia del calcio femminile italiano ci sono state tantissime discordie che ne hanno rallentato lo sviluppo: tutto questo ha portato ad una difficile crescita.
Però ora siamo comunque arrivati a giocarci un mondiale e questo, come già detto, è davvero un passo da giganti (cosa che non è riuscita ai colleghi uomini lo scorso anno).
Questa crescita è stata colta da tutti ormai, soprattutto dalle grandi aziende che hanno cominciato ad investire sul calcio femminile. Ad esempio, in Gran Bretagna, Barclays ha firmato nel marzo scorso una sponsorizzazione per 13 milioni per i prossimi tre anni. Investimento pesante, che come dichiarato dal ceo del gruppo bancario, è “un omaggio alla professionalità delle giocatrici”. Visa nel dicembre 2018 ha siglato un accordo per tutti gli eventi Uefa del calcio femminile e inoltre il finanziamento del mondiale eguaglia quello stanziato per il mondiale maschile.
L’ingresso di questi colossi può solo aiutare il calcio femminile a continuare a crescere e a trovare una strada meno tortuosa da seguire per potersi sviluppare e ottenere un giorno lo stesso rispetto dato a quello maschile. È anche vero, però, che è stata anche un’occasione persa per quelle aziende medio-piccole che avrebbero potuto cogliere lo sviluppo di questo movimento, anticipando così i giganti finanziari.
In conclusione, non c’è niente di negativo nella crescita del calcio femminile, anzi. La frase “Il calcio è di chi lo ama” si sente dirla da tutti, in tantissimi contesti e le ragazze stanno dimostrando di amarlo e rispettarlo moltissimo. Ne è un esempio Marta, campionessa della nazionale brasiliana, che dopo l’eliminazione agli ottavi contro la Francia, è andata davanti alle telecamere e con le lacrime agli occhi e la voce carica di entusiasmo ha dichiarato: “Noi chiediamo molto, chiediamo appoggio, ma abbiamo anche bisogno di essere valorizzate. Bisogna piangere all’inizio, per poter sorridere alla fine. Quando dico questo, è perché voglio di più, voglio allenarmi di più, essere pronta per giocare 90 minuti, i tempi supplementari e tutti gli altri minuti che saranno necessari. Questo è quello che chiedo alle ragazze: non ci saranno una Formiga, una Marta, una Cristiane per sempre. Il calcio femminile dipende da voi affinché possa sopravvivere. Pensate a questo: valorizzatevi. Piangere all’inizio, per sorridere alla fine”. Una vera e propria dichiarazione d’amore e di passione verso questo sport: da quanto tempo non si sentono parole così dalla controparte maschile?
Mattia Cavalleri
Foto nell’articolo si ringrazia https://sportdonna.it/