Come sono cambiate le abitudini di consumo con il Covid-19?
Il 29 settembre si è celebrata la prima Giornata mondiale contro lo spreco alimentare. L’importante iniziativa è nata quest’anno 2020 dalla FAO (Food and Agriculture Organization of the United Nations), assestandosi in un anno colpito dalla pandemia Covid-19 e che ha visto i consumi cambiare visibilmente.
Non è certo una novità come il tema sullo spreco alimentare, per esteso “il cibo non consumato che si trasforma in rifiuto e dispersione di risorse”, sia presente nelle agende internazionali ed europee relativamente ai temi della sostenibilità.
Quest’anno in particolare il consumo pare notevolmente mutato: prendendo in considerazione il periodo del lockdown in Italia è possibile accorgersi come questo abbia inciso sulle scelte d’acquisto delle persone.
“Il primo effetto è stato il sovraffollamento del carrello, riempito in maniera compulsiva” scrive Anna Zinola, docente dell’università Cattolica di Milano e autrice del libro La rivoluzione nel carrello (Guerini, 2020), “in parallelo è esploso l’accesso all’ecommerce”, che ha colto impreparate le varie piattaforme prese d’assalto, trovatesi improvvisamente a fronteggiare un’impennata di richieste di spesa online mai vista fino ad allora. Il report Ismea-Nielsen riporta che la spesa dei primi sei mesi 2020 si assesta al +9,2% e l’e-commerce al +160% su base annua.
Anche l’OERSA (Osservatorio sulle Eccedenze, sui Recuperi e sugli Sprechi Alimentari) del CREA Alimenti e Nutrizione ha condotto un’indagine nazionale per comprendere meglio i mutamenti verificatisi in Italia nei mesi del lockdown. Tramite un questionario, a cui hanno risposto 2900 persone è emerso come durante la quarantena sia aumentato il consumo di alimenti sani, ma parallelamente, “ben il 44,5% ha ammesso di aver mangiato più dolci e il 16% di aver bevuto più vino. Questo periodo è stato, inoltre, l’occasione per sperimentare nuovi cibi (40%) e nuove ricette (31%), migliorando le proprie abitudini alimentari (24%) e maturando abitudini ecosostenibili (fare la raccolta differenziata 86%, conservare e consumare alcuni alimenti acquistati in eccesso 83%, oppure mangiare tutto, inclusi gli avanzi 80%)”.
Sembra emergere tutto sommato un consumo consapevole e in linea con le abitudini degli italiani, in un periodo ridotto e di forte stress per molti. Questi tuttavia sono dati che non prescindono da una più ampia visuale sullo spreco alimentare, che secondo i dati FAO avviene in modo significativo tra le mura domestiche; in totale, nel mondo il 14% del cibo viene sprecato lungo la filiera che porta dalla raccolta alla vendita, e ogni anno circa un terzo del cibo sulla terra vale a dire 1,3 mld circa di tonnellate, viene sprecato senza neanche arrivare in tavola.
Le linee guida della FAO per ridurre gli sprechi alimentari possono e devono essere messi in atto dai governi, dagli agricoltori, da ciascuno di noi: sviluppare tecniche di raccolto, stoccaggio, trasformazione, trasporto e metodi di vendita al dettaglio migliori. Va insomma ripensato interamente il modo in cui il cibo viene prodotto e consumato.
Motivo di riflessione non soltanto sul consumo del cibo ma anche sulle modalità di distribuzione. In particolare nei supermercati, dove molti si ostinano a vendere monoporzioni di frutta già sbucciata avvolta in vaschette e pellicole di plastica. Il problema dunque è molto più ampio. La plastica non è mai sta un’alleata nella distribuzione, che avvalendosi degli imballaggi di questa materia contribuisce unicamente allo spreco alimentare e inquinamento da plastica, di cui particolarmente soffrono i mari e gli oceani. Già nel 2018 una ricerca di Zero Waste aveva portato all’attenzione lo stretto legame tra spreco alimentare e spropositato utilizzo di plastica riportando che il 37% di tutto il cibo venduto nell’UE è avvolto in questo materiale che si cerca affannosamente di ridurre.
Una presa di posizione per la tutela dell’ambiente, relativamente all’utilizzo della plastica, è stata presa dall’UE con la direttiva che dal 2021 vieterà oggetti in plastica monouso, accanto ad altri provvedimenti per l’agenda 2030.
Alice Cubeddu
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