Effetti socio-culturali del COVID, quali e come si sono originati
In un momento così difficile come questo di pandemia è possibile identificare alcuni effetti culturali, socio-antropologici e psicologici del virus che rimarranno tra noi ancora per diverso tempo. I cambiamenti a lungo termine innescati da tali effetti sono il risultato dell’interpretazione di dati scientifici sulla diffusione del virus.
Uno studio della Banca d’Italia risalente a giugno 2020 ha stabilito che nel nostro paese durante il semestre dicembre 2019/giugno 2020 l’occupazione tra i giovani si è ridotta del 7,1%, e del 2.5% per i lavoratori tra i 35 e i 49 anni. Si sono ridefiniti drasticamente o sono emersi i ruoli di individui occupati in settori essenziali con redditi molto diversi(ad esempio i riders e gli operai della logistica da una parte, così come i medici e i dirigenti del pubblico o di banca dall’altra). Spesso questi lavoratori sono anche i più esposti al rischio di contrarre il virus.
Date le restrizioni alla mobilità delle persone finalizzate a limitare i tassi di contagio, è possibile che norme e comportamenti connessi agli spostamenti fisici subiranno un’evidente modifica. La nostra percezione un tempo positiva e quasi scontata del turismo e della libera circolazione all’interno dell’UE potrebbe essere messa in discussione. Uno scenario analogo si prospetta per il libero scambio delle merci, poiché il fenomeno COVID-19 potrebbe arrestare o rallentare il processo di globalizzazione, sostenuto da impulsi protezionistici già in atto.
Anche l’utilizzo massivo delle tecnologie digitali, fondamentali per ridurre il senso di isolamento sociale e lavorativo, risulterà essere un fattore di cambiamento persistente. Le nuove opzioni di operatività a distanza e acquisti in linea adesso vengono prese primariamente in considerazione dalle imprese e dai loro potenziali clienti, con conseguenti alterazioni dell’organizzazione del lavoro, della distribuzione commerciale, del mercato immobiliare, della rete dei trasporti.
Impossibile negare quale impatto devastante i diversi lockdowns abbiano avuto sulla socialità della popolazione mondiale. Tale impatto ha costretto milioni di persone a confrontarsi quotidianamente con isolamento prolungato, preesistenti malesseri psicologici, situazioni di abuso domestico, burnout, mancanza di separazione tra impiego e tempo libero. Sono state generate delle ripercussioni psicologiche su larghissima scala, con un incremento di ansia, depressione, disturbi ossessivo-compulsivi mai esaminato prima dal mondo scientifico. La mente umana, infatti, fatica a confrontarsi con un periodo esteso di incertezza e incomprensione di ciò che succede intorno a sé, come nel caso del coronavirus. Purtroppo, il prezzo più elevato è stato pagato da chi già versava in condizioni di vulnerabilità, dovuta magari a mancanza di fissa dimora, o disabilità, o violenza domestica, o per l’essere pazienti psichiatrici più o meno gravi. Per costoro si è faticato a ideare soluzioni e sistemi di supporto.
Si è però anche assistito a una ridefinizione collettiva delle priorità, in quanto relegati nelle nostre abitazioni e con ampi spazi di riflessione. Si sono ricostruiti legami genuini e necessari con amici o parenti che avevamo perso nella concitazione quotidiana. Alcuni percorsi di formazione prima appannaggio solo di pochissimi sono divenuti digitali e per questo meno costosi, quando non gratuiti. Le emissioni derivate dai combustili fossili mostrano uno storico declino. Appelliamoci dunque a questi effetti positivi per fronteggiare i restanti, e si spera finali, mesi di pandemia.
Mario Daddabbo