Cosa sono i cibi ultra trasformati di cui non di rado appaiono notizie nella stampa corrente e sui quali spesso si trovano articoli preoccupati nelle riviste scientifiche?
Per rispondere a questa domanda attingo ad una conferenza, consultabile su YouTube, di Carlos Augusto Monteiro (Monteiro), professore titolare (con un alto numero di citazioni nella letteratura scientifica mondiale) del Dipartimento di Nutrizione della Facoltà di Salute Pubblica della Università di San Paolo/USP. Fra i suoi scritti in questa sede interessa lo studio sul sistema NOVA da lui e dai suoi collaboratori elaborato nel 2009/2010. NOVA permette di classificare gli alimenti in accordo con la natura, l’ampiezza e l’obiettivo della loro trasformazione da parte dell’industria. In precedenza l’attenzione era rivolta in primo luogo al profilo nutrizionale. Ma i rilevamenti compiuti a partire dagli anni ’80 in diversi paesi hanno mostrato un aumento di diabete e altre malattie croniche non trasmissibili pur in presenza di una riduzione di acquisto di zucchero da parte dei singoli consumatori. Infatti in parallelo era aumentata molto la quantità di zucchero e grassi nei cibi trasformati che, a loro volta, occupavano sempre più spazio nelle diete dei cittadini. NOVA, strumento oggi adottato in diversi paesi e organismi internazionali come FAO e OMS (FAO/WHO), permette di comparare dati di realtà diverse e di correlare profilo alimentare con ricadute sanitarie. Quattro sono i gruppi di alimenti identificati in base alla maggiore o minore manipolazione industriale: 1) cibi freschi o minimamente elaborati (uova, frutta, verdura, latte ecc.); 2) ingredienti culinari lavorati (olii, grassi, odori, zucchero ecc.); 3) cibo preparato utilizzando 1 e 2. I percorsi tradizionali di alimentazione combinano secondo influenze culturali differenti questi tre insiemi. Poi c’è la categoria 4. Seguiamo, in una lunga citazione, le parole di Monteiro che sono molto chiare.
“Alimenti ultra trasformati, quale è la finalità? Prolungare la durata, rendere più facile la preparazione, introdurre elementi per migliorare la percezione sensoriale? No, perché l’ultra trasformato non è un alimento, è una formula (cioè un complesso) di ingredienti in cui l’alimento può essere presente in quantità minima o nulla. Perché l’industria fa questo? Per ottenere prodotti che sono estremamente convenienti, molto piacevoli da consumarsi, con costo assai basso in quanto il materiale iniziale ha scarso prezzo, con una lunghissima durata perché privi di componenti integrali, e, ciò che più importa, con la potenzialità di sostituire tutti gli altri alimenti. Così oggi nel mercato in Brasile, e in qualsiasi altro paese del mondo, per ogni alimento preparato con ingredienti del gruppo1 si trova un’alternativa ultra trasformata. Tutto comincia con la distruzione dell’elemento integrale, soia, grano, mais o altro, per ottenere olii, grassi, zuccheri, amido e proteine, praticamente carboidrati, lipidi e proteine isolati dalle loro matrici naturali. La seconda tappa del processo, in cui sono varie le industrie coinvolte, è quando questi componenti sono modificati: ad esempio l’olio può essere idrogenato, l’amido alterato. Il terzo passo è la riunione dei carboidrati, proteine e lipidi per cui si utilizzano processi, come può essere la frittura profonda, diversi da quelli casalinghi. La quarta tappa, molto importante, è l’uso di additivi perché queste sostanze, queste misture di isolati proteici, grassi e amidi in generale sono insipide, non hanno gusto, non hanno struttura. Senza additivi non ci sarebbero alimenti ultra trasformati perché sono essi che danno struttura, aroma e sapore al prodotto finale. E finalmente tutto termina con imballaggi sofisticati con materiali sintetici e anche questo è importante perché essi rimangono in contatto con i prodotti per anni e in parte passano negli alimenti. Sembra complicato orientarsi, ma in realtà ci sono marcatori di ultra trasformati che possono essere identificati nella lista degli ingredienti, come una sostanza alimentare che raramente sarebbe usata in cucina quali isolati proteici e caseina o qualunque additivo cosmetico come aromatizzanti coloranti[1] ecc. Un’altra caratteristica è che la produzione è in mano a grandi corporazioni internazionali. Questo non è indifferente perché abitualmente gli alimenti ultra trasformati sono una agglomerazione di commodities e queste imprese sono quelle che si trovano nelle migliori condizioni per comprale. La decina delle società più importanti hanno vendite di alimenti per oltre un miliardo di dollari al giorno: fra esse Nestlé, Coca Cola, PepsiCo, Kellogg’s, Monteléz (ex Kraft), Unilever, Danone, Mars, Associated British Food”.
Ma perché interessarsi in particolare del gruppo 4?
I motivi sono almeno due: a partire dagli ultimi decenni del XX secolo e in modo accelerato nei primi lustri del XXI esso ha occupato uno spazio crescente nella dieta di grandi masse e quello che emerge dalle ricerche è che ciò ha conseguenze sulla salute. Sempre Monteiro riporta per alcuni paesi i dati del 2019 di kg/persona di cibi ultra trasformati: India 6,7; Grecia 87,4; Brasile 113; Italia 113,3; Francia 125,4; Israele 165,4; Regno Unito 201,1; Australia 208,3; Germania 218,5; Usa 308. E le vendite sono in crescita in tutti i paesi, ancor più dopo i due lunghi anni di pandemia. Secondo uno studio dell’Università Federale di Minas Gerais che ha seguito 72.000 alunni delle scuole pubbliche e private in 124 città, ultra trasformati rappresentano 1/3 della dieta degli adolescenti brasiliani mentre in base ad una indagine degli Stati Uniti che ha accompagnato per quasi 20 anni fra 1999 e 2018 34.000 persone, essi costituiscono la base dell’alimentazione di 2/3 di bambini e adolescenti (Cupani 2). Come ricorda Larissa Lourdes Mendes, una delle coordinatrici dello studio di Minas Gerais intervistata da Gabriela Cupani, “questo eccesso (nella ricerca brasiliana) sembra collegato a diversi fattori, come il modello alimentare della famiglia e l’esposizione agli schermi… Ciò vuol dire che, per mutare questo scenario, dobbiamo fare interventi multi comportamentali nello stile di vita come un tutto”. Cosa resa ulteriormente difficile dal fatto che gli ultra trasformati tendono ad avere prezzi più bassi che alimenti del gruppo 1, intossicando quindi grandi masse. Secondo una ricerca dell’Unicef (Pomar, Estudo) condotta con 1343 famiglie residenti nell’Amazzonia Legale, nel Semiarido Nordestino e in 10 capitali delle regioni Sudest, Nordest e Nord fra marzo e aprile 2021 in 56% dei casi le madri erano responsabili per il sostentamento del nucleo famigliare. Come ricorda la nutrizionista e ufficiale di salute dell’Unicef Stephanie Amaral lo studio ha indicato che 80% degli intervistati dichiaravano che bambini piccoli del loro nucleo avevano mangiato almeno un alimento ultra trasformato il giorno prima dell’intervista, in particolare biscotti anche ripieni (59%), bevande dolcificare (41%), dolci e pasticcini (21%). Sapore (46%), costo (24%), praticità (17%) e la vicinanza o meno a luoghi di accesso prossimale a cibi salubri o industrializzati motiva la scelta (peraltro spesso senza alternative).
Ma davvero ci sono pericoli così seri per la salute legati agli ultra trasformati?
In primo luogo, come ricorda Carlos Monteiro, nel corso degli anni il numero di articoli scientifici che riportano nel titolo il termine ultra processed riscontrabili sulla piattaforma PubMed sono passati da uno nel 2009 a 9 nel 2014 per poi aumentare rapidamente: 80 nel 2017, 108 nel 2018, 149 nel 2019, 222 nel 2020. Già negli ultimi decenni del XX secolo era evidente, anche perché molto visibile, una diffusa tendenza all’aumento di peso e all’obesità rapidamente collegata ai modelli alimentari industrializzati. E con l’andar del tempo il ventaglio di danni sanitari in conseguenza di assunzione di ultra trasformati ha registrato nuove malattie e si è accresciuto assai il numero delle persone coinvolte. Vi è un consenso scientifico condiviso che il numero di casi di diabete, ipertensione, cancro e obesità è rafforzato dagli ultra trasformati. Di questo danno conto, tra altri studi, tre corpose revisioni sistematiche uscite su tre riviste riconosciute scientificamente affidabili nel corso del 2020[2]. Come ricorda Victor Matioli (Matioli) “questo tipo di articolo ha un grande valore scientifico perché analizza sistematicamente la bibliografia esistente. In linea generale, i ricercatori usano una metodologia rigida per setacciare tutto quanto già pubblicato sul tema, ma le revisioni sistematiche hanno altri vantaggi: valutano e giudicano la metodologia degli studi, evidenziano mancanze e lacune e servono come base per l’assunzione di decisioni da parte di gestori e organizzatori di politiche pubbliche”. Intervistata Maria Laura Louzada, docente della Facoltà di Salute Pubblica della USP e ricercatrice del Nucleo di Ricerche Epidemiologiche in Nutrizione e Salute Pubblica/ Nupens ricorda che “questo si riflette nelle guide alimentari e altri documenti con raccomandazioni su alimentazione e salute, in direttive e protocolli clinici che danno orientamenti specifici e anche nella decisione su quali alimenti devono essere oggetto di politiche pubbliche. Inoltre è più facile, per i grandi gruppi produttori di alimenti ultra trasformati, screditare una ricerca specifica o mettere in discussione una metodologia utilizzata da un gruppo di scienziati. Contestare revisioni sistematiche è più complicato. In teoria squalificarle significa squalificare tutta la conoscenza creata sul tema da ricercatori del mondo intero”. Ma nuove preoccupazioni si affacciano via via che si approfondiscono studi e ricerche su campo. Come ricorda il nostro già citato Monteiro “ci sono altri meccanismi che possono portare a malattie croniche: minore presenza di bioattivi non nutrienti ma protettori della salute, presenza accentuata di xenobiotici (additivi e varie altre sostanze), bassa sazietà, basso effetto termogenico, effetti negativi sul micro bioma”. E un lavoro epidemiologico[3] utilizzando le statistiche demografiche e sanitarie, anch’esso pubblicato in sede internazionale, ha valutato che le morti premature annue per consumi di ultra processati nel 2019 hanno raggiunto in Brasile la cifra di 57.000, più del totale degli omicidi (45.500), degli incidenti stradali (30.000) o del cancro al seno (15.000). Eduardo Nilson, un componente del gruppo, aggiunge alla lista sopra riportata che “ci sono anche quelli che chiamiamo neo contaminanti, dal momento che il processo di fabbricazione e gli imballaggi degli ultra trasformati possono generare o introdurre contaminanti chimici negli alimenti”. E studi ancora preliminari ipotizzano che tali prodotti potrebbero pregiudicare la memoria degli anziati (Cupani 1).
In Brasile come altrove i grandi gruppi multinazionali hanno una presenza capillare e massiccia, ma vorrei ricordare anche alcuni attori minori particolarmente aggressivi sotto il profilo commerciale. Verso febbraio-marzo 2022 gli abitanti di diverse città dello Stato di San Paolo improvvisamente hanno trovato nelle strade urbane un fitto numero di appariscenti insegne sconosciute ai più con il nome Oxxo (Mathias) scritto a grandi lettere bianche in campo rosso: solo intorno alla storica Piazza della Repubblica della capitale camminando una mezz’ora se ne incontravano sei. Dopo un’ indagine di mercato durata molti mesi, la società messicana nota come la maggiore imbottigliatrice di Coca Cola con sede dal1978 a Monterrey sbarcava con forza a San Paolo e nella ricca regione di Sudest chiudendo il 2021 con 20.431 unità sparse in America Latina: piccoli empori di quartiere aperti 24 h per sette giorni alla settimana in grado di offrire chilometri di multicolori confezioni di ultra trasformati, ma anche presenze in traccia di qualche prodotto fresco come vegetali uova latte pane a rapida lievitazione e cottura, il tutto in unità commerciali non grandi e a servizio di cassa rapido. Altro esempio di operatori diffusi sono quelli che potremmo chiamare “avvelenatori a domicilio” della società market4u, una rete che installa distributori totalmente automatizzati di prodotti domestici di base e ultra trasformati “con alto contenuto di zucchero, sale e grassi a portata di mano, senza mediazione umana, 24 h al giorno” (Pomar, Rede) nei condomini e nei posti di lavoro. Come ovvio la semplificazione di accesso e orario produce rapido condizionamento e allo stesso tempo il gestore del servizio attraverso la tracciabilità delle operazioni degli applicativi entra in possesso di una mole impressionante di informazioni degli utenti, prodotto oggi di primario valore. Come si vede, se la potenza di fuoco maggiore è certamente nelle mani delle grandi multinazionali, la colonizzazione culturale e sanitaria avvolge spazi crescenti in una tela di ragno tossica.
Un orizzonte solo pieno di nuvole nere e minacciose?
Certamente ce ne sono non poche, ma vediamo qualche punto di schiarita. In primo luogo l’argomento ormai è ben presente nei mass media e il quadro ricorda o forse preannuncia il lungo cammino in salita, ma certamente con esiti positivi anche se non risolutivi, delle campagne contro il tabacco. Anche in Brasile l’Alleanza di Controllo del Tabagismo /ACT, creata nel 2006, nel 2016 ha allargato il proprio campo di azione ad alimentazione salutare, controllo dell’alcool, incentivazione ad attività fisica, cioè a quei fattori di rischio per malattie croniche non trasmissibili ed evitabili. Ovviamente gli interessi in gioco sono enormi e le forze in campo molto potenti, ma gli indirizzi di politica economica e sanitaria possono produrre cambiamenti rapidi. Dipende dalle componenti politiche che formano l’esecutivo, se i cambiamenti saranno in un senso o in un altro. In ogni caso ci sono soluzioni plurime possibili e ampiamente sperimentate per migliorare la nutrizione: sostenere e organizzare le culture alimentari tradizionali che, tutte, senza eccezione, hanno una base costituita da cereali o tuberi e legumi o ortaggi, tutti prodotti del gruppo 1 della catalogazione che ricordavamo all’inizio di questo testo: dalla dieta mediterranea al riso e fagioli brasiliano, riso legumi e derivati dalla soia in Cina, cuscus con tutte le sue verdure e spezie nel Nord Africa per poi passare ai tuberi dalla manioca alla patata all’igname. Un cammino non facile, ma non impossibile e certamente etico.
Lavinia Clara Del Roio
San Paolo, 30 Novembre 2022
Bibliografia
Cruz 1, Naiene da Silva; Pereira 1, Maria Samara Ribeiro; Scmiele 2, Marcio; Telles 1, Mirian dos Santos; Zanin3, Cristiane Imenes de Campos Bugno, O efeito do corante caramelo iv em bebidas industrializadas, “Gestão em Foco”, Edição nº: 07/Ano: 2015 239
Cupani, Gabriela 1, Alimentos ultraprocessados prejudicam a memória dos idosos, aponta estudo preliminar, “Brasil 247”, 6.9.2022
Cupani, Gabriela 2, Alimentos ultraprocessados rapresentam quase 1/3 da dieta dos adolescentes brasileiros, www.uol.com.br, 11.12.2011
FAO/WHO, Sustainable healthy diets. Guaiding principles, Roma 2019
Iwasawa, Nathália, Corante caramelo IV nosso de cada dia, “O joio e o trigo”, 11.11.2022
Mathias, Maíra, O que está por trás da multiplicação das Oxxo, “O joio e o trigo”, 28.04.2022
Matioli, Victor, Ciência: a maior inimiga da industria de alimentos ultraprocessados, “O joio e o trigo”, 31.08. 2020
Monteiro, Carlos Augusto, A classificação NOVA de alimento: usos e aplicações. Palestra, 16.12.2020, YouTube Nupens USP
Pomar, Marcos Hermanson, Estudo do Unicef mostra aumento da insegurança alimentar e alto consumo de ultraprocessados entre criança “O joio e o trigo”, s do Bolsa Família durante a pandemia, “O joio e o trigo”, 7.2.2022
Pomar, Marcos Hermanson, Rede de mercato Market4u faz sucesso com oferta de ultraprocessados em condomínios e locais de trabalho, “O joio e o trigo”, 5.8.2022
Torres, Raquel, Brasil tem 57.000 mortes por ano devido ao consumo de ultraprocessados, estima pesquisa, “O joio e o trigo”, 7.11.2022
[1] Un solo richiamo ai coloranti. Molto diffuso è il caramello IV solfito-ammoniacale (quello che riveste la Coca Cola della sua caratteristica tonalità) sul quale nella comunità scientifica rimane aperto il dibattito se sia maquillage o imbroglio. Già nel 2015 (Cruz) erano usciti articoli scientifici che allertavano su come nella combustione dello zucchero con altri elementi si formasse 4-Metilimidazol (4-MEI) considerato cancerogeno dalla IARC/Agenzia internazionale di ricerca sul cancro dell’OMS. Tale composto non è aggiunto direttamente, ma si forma nella combustione dello zucchero con altro e, secondo una ricerca dell’Idec/Istituto brasiliano di difesa del consumatore, era presente in 15 delle 25 categorie di alimenti considerati e in 32% dei prodotti analizzati (Iwasawa).
[2] “International Journal of Food Sciences and Nutrition”, “British Journal of Nutrition”, “International Journa of Obesity”
[3] Hanno preso parte alla ricerca la USP, la Fondazione Orwaldo Cruz/Fiocruz, l’Università Federale di San Paolo/Unifesp e l’Università di Santiago del Cile. L’articolo è uscito sull’ “American Jornal of Preventive Medicine” nel novembre 2022.