“Odio eterno calcio moderno, avanti ultras vecchia maniera, avanti curva vamos la guerra” cantano gli ultras della “Curva Sud” del Raja Casablanca, scandendo le parole in italiano dalle gradinate dello stadio Mohamed V. In italiano, sì, perché il legame ultras che unisce l’Italia al Maghreb è estremamente fitto. Come vi sia arrivata un’influenza italiana nelle curve del Nord-Africa non è di difficile risposta. La vicinanza geografica, l’impatto che la scena delle Curve italiane ha avuto sulle tifoserie estere, ma soprattutto l’ampia presenza di una diaspora nordafricana in Italia hanno fatto sì che il tifo organizzato all’italiana diventasse punto di riferimento e motivo di imitazione da parte dei movimenti ultras più giovani dall’altra sponda del Mediterraneo. E’ infatti estremamente recente la nascita del movimento ultras africano e  il primo gruppo di tifoseria organizzata dell’intero continente risale solamente al 1989 con l’esperienza degli Ultras Dragon, sostenitori della squadra libica dell’Al Ittihad, il cui gruppo fondatore è stato incarcerato da Gheddafi poche settimane dopo ponendo fine al pionieristico tifo organizzato. Bisognerà aspettare la metà degli anni Novanta per vedere risorgere un’esperienza simile, questa volta in Tunisia, dove grazie all’apporto e all’esperienza dei tanti tifosi emigrati in Italia e nel resto d’Europa nascono i Club Winners del Club Africain. Sugli spalti dei biancorossi appaiono così le prime coreografie, accompagnate proprio da striscioni scritti in italiano “Forza Ragazzi”, “Curva Nord”, “Solo noi”. L’influenza italiana si diffonde nelle parole d’ordine del neonato movimento ultras: nei cori, nello stile del tifo, nelle bandiere, nel senso di comunità.

Il gruppo ultras sostiene la squadra, non fa mai sentire la propria mancanza, è garante identitario di una collettività, si erge a difesa della propria comunità quando essa ne ha bisogno. Il terremoto che ha colpito il Marocco nella notte tra l’8 e il 9 settembre ha generato una pronta risposta dalle collettività che si organizzavano per tifare le proprie squadre, anche a chilometri di distanza dall’epicentro del terremoto, i gruppi organizzati hanno reagito immediatamente incentivando tutti i propri tifosi ad agire per aiutare le zone colpite dal terremoto. A Fes, a oltre 500 chilometri di distanza dall’epicentro del terremoto, il gruppo ultras Fatal Tigers si è presentato in ospedale con sciarpe, bandiere e striscioni per donare il sangue da mandare nelle zone del Paese dove l’emergenza è maggiore; così avevano già fatto sin dalle prime ore gli ultras del Kawkab Marrakech tramite il gruppo Crazy Boys donando il sangue nelle prime ore successive al terremoto, venendo poi seguiti anche dai principali gruppi ultras delle due squadre di Casablanca, i Green Boys (Raja Casablanca) e i Winners (Wydad Casablanca). A El Jadida l’ospedale si è colorato di verde e nero quando il gruppo Cap Soleil si è presentato a donare il sangue, mentre ad Agaidr regnavano il bianco e il rosso degli Imazighen.

Il mondo ultras marocchino si trova così a fronteggiare un’inedita avversità a cui ancora una volta la risposta ricalca gli esempi che in Europa hanno diffuso solidarietà a partire dalle gradinate. Lontano dal concetto di “militanza della domenica” che non trova seguito nella quotidianità, la risposta delle curve marocchine scopre un movimento coeso, reattivo e soprattutto consapevole dei propri mezzi, della propria forza e delle proprie capacità.
Un movimento, quello ultras nordafricano, che non ha mai avuto vita facile. L’intera partecipazione degli arabi musulmani alle forme di associazionismo sportivo è sempre stata limitata e determinata dalle autorità coloniali che ne hanno impedito l’aggregazione trasmettendo poi ai governi indipendenti lo strumento di repressione e censura verso i sovversivi degli stadi. Si pensi che l’80% dei partecipanti agli scontri nelle piazze durante le primavere arabe in Tunisia proveniva dalle curve delle squadre locali. Un coro scandito dai tifosi della maggiore squadra nordafricana dell’Al-Ahly, al Cairo, tradotto, pronuncia così: Moriremo per la libertà e la caduta di teste corrotte / […] continueremo a prendere a calci i cani della polizia del regime e combatteremo l’ingiustizia ovunque.

E’ la mentalità ultras a insegnare che i legami si rafforzano nei momenti di difficoltà e per questo ci sentiamo chiamati in causa nello stringere ancora di più quei legami comunitari che oggi proviamo con chi è stato colpito sia dalla disgrazia del terremoto, che dalla spietatezza del sistema capitalistico che ancora una volta scopre più fragile chi già vive in situazioni di povertà e marginalizzazione. 

Gian Marco Duina
22/09/2023

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