Mi permetto di riassumere, senza una maggiore analisi, alcune informazioni recenti sul Brasile delle quali non so quanto giunga in Italia.

1 – Come tutti gli anni permane la consuetudine che sia il Brasile a pronunciare il discorso di apertura dell’Assemblea, un lascito dell’immediato dopoguerra in riconoscimento della partecipazione  del Brasile alla Campagna d’Italia a fianco degli alleati.  Il 20 settembre 2023 Luiz Inácio Lula da Silva ha svolto un intervento intenso, senza alcuna concessione. Ovviamente non ha detto cose nuove, ha insistito sul nodo centrale della disuguaglianza sociale, ha ripetuto la necessità della formazione alla pace come opposto dell’istigazione all’odio, ha toccato i temi ambientali. Ma ha in modo esplicito condannato come inammissibili le sanzioni non promosse con il consenso delle Nazioni Unite, ha citato al riguardo Cuba, ha ripetuto (vox clamans in deserto) che non si può condannare Julian Assange per avere fatto il suo lavoro dicendo cose veritiere, ha citato tutti i conflitti in corso togliendo i riflettori dal solo scontro ucraino. Ovviamente il discorso è reperibile on line in varie lingue e può valere la pena di prendere un po’ di tempo per ascoltarlo, tanto per ricordarsi che si può almeno tentare di volare alto.

2 – Credo tuttavia che il momento più importante dell’Assemblea e delle iniziative collaterali sia stato  il lungo incontro il 20 settembre 2023 fra Joe Biden e Lula sul tema della dignità del lavoro precario. A un colloquio a porte chiuse a fatto seguito la presentazione di una iniziativa e di un documento per promuovere la costruzione di lavoro dignitoso per combattere la precarietà della  informalità che dilaga. Per questo sono necessari sindacati forti e riconosciuti. Tale documento verrà presentato e difeso dai due presidenti proponenti in tutte le sedi internazionali in cui essi interverranno. Infine vi è stato un molto lungo incontro pubblico alla presenza dei due capi di Stato  con i dirigenti dei principali sindacati statunitensi e gli omologhi brasiliani. Al di là dell’emozione di vedere protagonisti, in una assai ingessata sede delle Nazioni Unite, dirigenti sindacali insieme a potenti presidenti, non si può sottovalutare il significato concreto di mettere al centro il lavoro dignitoso come snodo per fare fronte alla crisi ambientale e geopolitica con strumenti diversi dal confronto militare, dalle sanzioni  e dalle soluzioni tecnologiche. I sindacati europei insieme alle forze sociali organizzate non possono non cogliere questa possibilità reale di una azione forte.

3 – Nel piano interno a partire dal 13 settembre e nei giorni seguenti il Supremo Tribunale Federale ha giudicato i primi quattro accusati per il colpo di Stato dell’8 gennaio 2023. Trattandosi di crimine di attentato allo Stato democratico di diritto il processo avviene direttamente nel STF, quindi senza appello. I quattro accusati sono stati condannati a pene severe che raggiungono i 17 anni di detenzione, oltre a multe alte per distruzione di patrimonio pubblico. Si tratta di persone identificate  in azione all’interno dei palazzi dei tre poteri che hanno anche accumulato nei mesi passati molte prove contro se stessi attraverso messaggi e video eversivi nei social. Nella aringa del pubblico ministero e del relatore del ministro del Supremo vengono illustrate  le motivazioni e le prove che portano a definire i disordini dell’8 gennaio come colpo di stato dando fondamento a una giurisprudenza  significativa che ovviamente influenzerà i molti processi che  a breve verranno. Mi sembra che vada sottolineata la rapidità con cui l’iter processuale si è svolto e la modalità istituzionale e giudiziaria seguita per impedire il successo del golpe e iniziare la ricostruzione  del rispetto delle regole rigorose del funzionamento dello Stato e dei suoi poteri.

Teresa Isenburg

San Paolo del Brasile, 21 settembre 2023

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