Sono passati oltre dieci anni da quando, appena ventenne, Danilo Luiz da Silva ha lasciato il suo Brasile per raggiungere il calcio europeo. Ma in Brasile non ha lasciato soltanto ricordi e qualche trofeo in bacheca (un campionato di serie C brasiliana con l’América di Minas Gerais, un campionato paulista e una Libertadores con il Santos), ma molto di più: un’accademia dove quotidianamente centinaia di bambini e bambine hanno la possibilità di vivere un’esperienza di sport in chiave educativa oltre a ricevere supporto scolastico, cure dentali, accompagnamento pedagogico e psicosociale.
“Ciò che il calcio mi ha insegnato maggiormente nella mia carriera è capire che abbiamo sempre bisogno l’uno dell’altro, è impossibile arrivare lontano se vai da solo. E’ molto importante e provo a seguire questo insegnamento anche fuori dal campo da calcio”. E’ infatti nella sua città natale nello stato di Minas Gerais, a Bicas, che Danilo ha fondato nel 2015 l’associazione Futuro Re2ondo condividendo i valori che la carriera sportiva gli ha trasmesso. “Io penso che dobbiamo sempre ricordare e aiutare il posto da dove veniamo. Lì c’è ancora la mia famiglia, è dove ho tirato i primi calci al pallone e tramite lo staff locale cerchiamo di trasmettere una speranza e un’opportunità. Bicas è una piccola città e spesso si ha l’impressione che per raggiungere il successo si debba andare nelle città più grandi, ma tramite il calcio vogliamo dimostrare ai bambini che è possibile sognare, e anche se non si diventerà dei professionisti, si possa trovare la felicità in altri aspetti”.
Dev’essere emozionante tornare nella propria città, nei luoghi dove per le prime volte si ha tirato il calcio a un pallone, e tornarci dopo aver vinto i massimi trofei continentali, avendo ancora la voglia di dedicarsi agli altri, di condividere per come possibile la propria fortuna con chi ha ancora la testa piena di sogni. “Io a scuola ero veramente bravo, perché ho sempre riconosciuto l’importanza dello studio e poi anche perché avevo sempre la mia mamma addosso che spingeva a farmi studiare perché ne conosceva l’importanza. Per noi ora è sempre un motivo di orgoglio vedere quelli bravi in campo ma io penso che alla fine sono le caratteristiche umane a fare la differenza. Andare bene a scuola, avere empatia verso i compagni, saper avere pensieri giusti, con educazione, è la cosa principale per diventare una persona di spessore, portandoti a conquistare le cose importanti nella vita.” Ed è forse anche per questo che Danilo non si è mai accontentato, e con ancora la possibilità di giocare a calcio per un’altra buona manciata di anni pensa già al suo futuro: “Ho da tempo voglia di iscrivermi in università una volta finito di giocare. Vorrei iscrivermi alla facoltà di psicologia, mi piace capire come funziona il nostro cervello, le diverse maniere di pensiero e comportamento nelle situazioni diverse, come nel calcio che ci mette costantemente sotto pressione. Già da adesso studio e mi interesso alla materia e sarà la prima cosa che farò quando smetterò di giocare a calcio”.
La speranza è che, prima o poi, la psicologia sia in grado di fornire una risposta esaustiva anche su come affossare definitivamente il germe del razzismo, che anche quest’anno, purtroppo, ancora in Serie A, ha colpito indirizzandosi questa volta nei confronti di giocatori come Romelu Lukaku o Dusan Vlahovic. Senza ancora aver iniziato il percorso universitario, la risposta di Danilo è sintomo di una consapevolezza già molto elevata: “Secondo me la cosa principale è l’educazione, dobbiamo ripartire sempre dai bambini. Educare i bambini su questi temi è molto importante. Saranno loro che un giorno fermeranno il razzismo, in questo momento il nostro lavoro è segnalare le cose che non vanno bene e investire sull’educazione, così le prossime generazioni riusciranno a fermare definitivamente il razzismo.”
Un vero e proprio esempio, che Danilo mette in luce come uomo ancora prima che come calciatore. Da calciatore, però, appunto, vuole togliersi ancora qualche soddisfazione: “La Juventus non ci permette di non dare il 100% in ogni partita, sappiamo che ci aspetta una stagione difficile ma io sogno di tornare a vincere con la Juve. Ho già vinto e so quanto è bello vincere con questa maglia e il mio principale obiettivo è tornare a gioire in campo con questa maglia e con la nostra gente. In questi ultimi anni secondo me abbiamo sofferto un po’ di più di quello che pensavamo e ora possiamo e dobbiamo tutti insieme trovare la strada giusta per tornare a regalare una gioia a noi stessi e ai nostri tifosi”.
Adesso, però, Danilo pensa a riposarsi prima di iniziare la prossima stagione: “Andrò a casa a riposare un po’, sicuramente passerò a fare una visita ai bambini in accademia per chiacchierare e giocare un po’ con loro. Per loro è un momento importante, ma anche per me: imparo tanto e mi da tanto ossigeno per andare avanti, vedendo nei loro occhi la voglia di andare oltre, come tutti i bambini”. Ma anche un po’ di relax, con un piccolo segreto per staccare la spina e rigenerarsi: “Sicuramente andrò a pesca perchè mi fa rilassare, mi fa dimenticare tutta l’annata e mi permette di trovare la forza giusta per ricominciare”.
L’impegno e la dedizione che Danilo ha mostrato fuori dal campo gli è valso il conferimento del Premio L’Altropallone, riconoscimento che, giunto alla venticinquesima edizione, premia chi nel mondo dello sport si contraddistingue per meriti sociali. Javier Zanetti, Lilian Thuram, Samuel Eto’o, Claudio Marchisio ma anche Sara Gama, Josefa Idem e Gianni Mura sono solo alcuni tra i premiati che hanno preceduto Danilo nell’albo d’oro del premio. Oltre all’Altropallone, viene conferito anche il Premio sPace, Spazio alla Pace, dedicato non a singoli sportivi ma ad associazioni e consegnato per l’edizione 2022 alla milanese YouSport Social Club che utilizza il calcio come strumento di contrasto alle discriminazioni, inclusione di migranti e richiedenti asilo, nonché strumento di abbattimento delle discriminazioni di genere nel mondo dello sport e promozione della parità di genere: “Quello che posso dire a YouSport è che sono bravissimi, devono sempre seguire questo lavoro perché chi ha avuto meno fortuna, come ad esempio i rifugiati, hanno bisogno di questo tipo di progetti. Non mollate questo lavoro perchè vedere la gente felice e ridere è la nostra gioia, fa parte del nostro lavoro” ha affermato Danilo tracciando un filo rosso che unisce i campetti di calcio improvvisati tra i centri di accoglienza e gli stadi della Coppa del Mondo o Serie A. Due storie che provengono da realtà differenti ma che hanno saputo condividere un metodo educativo, quello del gioco del calcio a difesa del futuro con uno slancio offensivo di passione e gioco di squadra, ricordandoci come tramite il calcio si possa ridurre la distanza tra sogni e realtà!
Gian Marco Duina
30/06/2023