Un gioco pulito fra Nord e Sud, tra produttori e consumatori

 

Nell’immaginario collettivo esistono diverse accezioni del comunemente condiviso concetto di Commercio Equo e Solidale. Se da un lato infatti la schiera degli uomini di mondo e di tendenza (i modaioli) amano definirlo come un mercato alternativo, accostabile quasi a correnti e movimenti sub culturali; dall’altro, i più tradizionali tendono ad inserirlo in una sorta di circolo virtuoso composto da solidi mattoni fatti di trasparenza, non sfruttamento, valorizzazione del lavoro e dignità umana. Nel corrente e diffuso sistema economico mondiale basato principalmente sulle rigide leggi del buon mercato e popolato di modelli di impresa ispirati alle redditizie Business School d’oltreoceano, gli esponenti dell’approccio manageriale classico sono tendenzialmente inclini a considerare territori e comunità estere più come un oggetto da sfruttare e abbandonare quando le risorse si esauriscono, che come un fattore produttivo fertile da comprendere, sostenere ed implementare. In questo senso, il Commercio Equo e Solidale è sicuramente un approccio alternativo al commercio convenzionale. Esso, infatti, promuove giustizia sociale ed economica, sviluppo sostenibile, rispetto per le persone e per l’ambiente in cui si opera, supportando, attraverso la divulgazione delle sue buone pratiche, la crescita della consapevolezza dei consumatori, l’educazione, l’informazione ed il consumo etico.

Il Commercio Equo e Solidale garantisce ai produttori un giusto guadagno e condizioni di lavoro dignitose, elimina le intermediazioni speculative e sostiene, attraverso il prefinanziamento delle realtà di rete, progetti di auto sviluppo. Le parole chiave del Commercio Alternativo sono semplici: prezzo giusto, relazione (rapporto) duratura con i produttori, cultura, ambiente, pre-finanziamento e fair trade. Le organizzazioni di produttori non si avvalgono per nessun motivo di manodopera minorile e prevedono una forte presenza di donne nei processi decisionali e partecipativi, garantendo così alle famiglie un reddito più adeguato al soddisfacimento dei bisogni essenziali ed un livello di vita dignitoso. In tutte le fasi del processo produttivo, “dalla semina al raccolto”, viene garantita la tutela dell’ambiente e le produzioni rispettano la biodiversità, le colture e le culture locali.

Il pre-finanziamento dei propri partner commerciali, con l’anticipo fino al 50% del pagamento complessivo da parte dell’importatore (realtà appartenete alla rete del commercio equo solidale), consente ai lavoratori di far fronte alle loro iniziali esigenze di produzione, garantendo il giusto guadagno attraverso il successivo pagamento del restante prezzo finale concordato. La sostenibilità ambientale, con lavorazioni non inquinanti e basate su metodi naturali, sono a favore di un’agricoltura interamente biologica. La trasparenza è necessaria per la piena consapevolezza del consumatore circa la provenienza dei prodotti e quindi per l’incentivo ad un consumo più etico e sostenibile. Il fair trade, così come il fair play, sono termini inglesi globalmente utilizzati per definire non solo il concetto di “equo” o “giusto”, ma anche per generare nel pensiero dello spettatore/consumatore una fondamentale idea di “gioco pulito”. Perché in effetti il Commercio Equo Solidale è proprio questo: un gioco pulito fra tutti i soggetti coinvolti.

Il Commercio Equo Solidale altro non è quindi che una forma di commercio internazionale, che punta alla massimizzazione del profitto e a trovare il suo spazio nella grande distribuzione per sostenere la crescita di aziende e attività produttive nei paesi in via di sviluppo (soprattutto Africa centrale e America latina), lottando contro lo sfruttamento e la povertà legate a cause economiche, politiche o sociali e offrendo a tali imprese un canale commerciale alternativo a quello dominante.

In Italia, tra i soggetti principali coinvolti nel mondo del commercio equo e solidale, troviamo sicuramente Fairtrade Italia – un consorzio che certifica i prodotti commercializzati a marchio FLO nella media e grande distribuzione – e Ctm Altromercato, la più grande organizzazione di commercio equo solidale italiana. Poi vi è l’Associazione Botteghe del Mondo, che rappresenta lo spirito originario della relazione diretta con i piccoli produttori dell’emisfero meridionale, il marchio Equo e Garantito, le altre centrali di importazione. Senza dimenticare però realtà più piccole ma ugualmente fondamentali come i gas, i gruppi parrocchiali o i comitati locali a sostegno dei produttori.

Insomma una vera e propria rete di economia solidale che tendendo alla Giustizia e alla Dignità, oramai costituisce un moderno e fortunatamente sempre più diffuso modus vivendi.

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