Ho recuperato questo testo da un post sui social di Emilio Mola: è scritto troppo bene e vale proprio la pena di ripubblicarlo, di leggerlo e di diffonderlo ulteriormente. Francesco Castracane
Parlando solo di questi ultimi 8 mesi c’è Elena, massacrata con una piccozza, Fernanda strangolata con un filo verde, Teresa uccisa a coltellate, Silvana a fucilate in faccia. C’è Immacolata uccisa a colpi di pistola davanti alla scuola di sua figlia, Claudia con un cacciavite, Maila a calci e pugni. Come loro Ines è stata ammazzata da chi le diceva ti amo. Lui l’ha soffocata con un cuscino, poi si è ucciso. Ai funerali di lui c’era più gente che a quelli di lei. E ai funerali di lui hanno applaudito all’uscita del feretro.
Come per Elisa, uccisa dall’ex ragazzo poi suicidatosi. Hanno fondato una Onlus che porta il suo nome. No che avete capito, non il nome di lei, ma il nome di lui. Riguardo ai funerali l’ex marito di Maria Carmela è stato il più previdente: dopo averla strangolata e prima di togliersi la vita ha avuto cura di lasciare sul tavolo 4mila euro e un biglietto con su scritto “questi sono per il mio funerale”. Il suo.
Alessia e Martina non sono state uccise dal marito o dall’ex compagno: troppo piccole per averne uno. Ci ha pensato il loro papà ad ammazzarle a 7 e 13 anni. Anche Ludovica era piccola: il suo papà prima ha ammazzato sua mamma Marina, poi ha buttato giù dal ponte anche lei. Jessica è stata uccisa da un tramviere, giovanissima, bellissima e con in testa l’Inghilterra. Nunzia dal marito con 47 coltellate e Francesca dall’ex che non voleva farle festeggiare, l’indomani, San Valentino col nuovo ragazzo.
Poi c’è Ester ammazzata da un cliente con un colpo di pistola alla nuca. E Arietta buttata sotto il treno da un altro cliente che voleva i suoi soldi. Ci sono poi Giustina, Teresa, Paola, e ancora Roberta, Donatella, Sara. Fino a Manuela. L’ultima.
C’è ovviamente la povera Pamela Mastropietro, ritrovata a pezzi. Dopo l’arresto del nigeriano Oseghale un tizio con la bandiera italiana sulle spalle si è messo a sparare contro tutti gli uomini di colore che gli capitassero a tiro, perché stanco di questi neri che ammazzano le donne italiane.
Ma ad oggi le donne italiane uccise nel 2018 sono circa 40. E, salvo per Pamela e Sabrina, italiani sono anche tutti i loro assassini. Sono padri, compagni, ex compagni, amanti, mariti. Uccidono per gelosia, per “vendetta”, per liti, perché hanno perso i soldi al gioco.
Manuela è stata l’ultima. Il suo assassino dopo essersi sbarazzato del cadavere ha avuto cura di inviare messaggi che depistassero le indagini. Fra poche ore o pochi giorni un altro uomo ucciderà un’altra donna che ora, in questo momento vive, e che lui, che fa ancora in tempo a fermarsi, o che può ancora essere fermato, dice di amare. Non è una macabra ipotesi, è una statistica certezza.
E non ci sono scarpette rosse che tengano. Forse solo prevenzione, aiuto, educazione.
Anche se davanti a uomini che uccidono le donne, a folle che applaudono gli assassini, a fondazioni intestate ai carnefici anziché alle vittime, ai cadaveri usati per propaganda politica e odio razziale, sembra che nulla, nemmeno la speranza, che è femmina, possa uscirne viva.
dall’articolo “Dalla violenza di genere al femminicidio” di Arianna Caccia su Sociologicamente.it
Riflessione totalmente condivisibile, tranne il finale, come mi suggerisce il direttore Michele Papagna: “…La speranza è viva ed è femmina. Sono i maschi che lo debbono capire: debbono tirare fuori il coraggio di essere uomini, e di affiancarsi alle donne in questa lotta”.
E quindi diamoci da fare.
Francesco Castracane