pistacchi

Un pistacchio solo italiano è possibile? Come funziona a Bronte? La richiesta è in aumento sia per moda sia per le diete veg. Bronte ed Italia in generale vanno pensati come brand di qualità e non di produzione.

Il pistacchio di Bronte è famosissimo e rinomato, soprattutto per gli amanti del pistacchio,  il cui sapore è unico. Cos’altro ha un sapore simile al pistacchio e può imitarlo? Niente, per questo può essere facile accorgersi di prodotti di bassa qualità, come creme spalmabili al pistacchio fatte solo di zucchero e che infatti al sapore non rendono.

Il pistacchio di Bronte è una qualità specifica, che è stata indicata come DOP, cioè denominazione di origine protetta, oppure IGP, Indicazione geografica protetta, perché la coltivazione deve provenire da una zona precisa e limitata. Ovviamente si tratta di Bronte e vengono compresi anche i territori vicini di Biancvilla e Adrano. Tre piccole città, alle pendici dell’Etna, Nel complesso si tratta di un’area piccola: 25mila ettari, di cui solo 3 destinati al pistacchio. Ogni pianta produce dai 5 ai 15 kg, massimo 30. La produzione è rimasta pressoché stabile: nel 2017 secondo Istat in Italia ne sono stati raccolti 38.846 quintali, mentre nel 2020 circa 38.740.

L’area protetta si trova alle pendici dell’Etna e chissà, forse per i suoi minerali è la causa di tanta bontà e sapore. Sicuramente rende ancora più difficoltosa la raccolta.

Gaetano Giarrizzi dell’Azienda Agricola Giarrizzi, azienda a conduzione famigliare che coltiva pistacchio di Bronte da quattro generazioni, racconta che la raccolta viene fatta a mano su un terreno impervio, trattandosi di roccia  vulcanica dura, a 400 m di altezza. Inoltre, il pistacchio di Bronte è raccolto solo ogni due anni per evitare di affaticare le piante di alberi secolari.

In conclusione, la quantità di prodotto raffinato è sempre maggiore rispetto alla quantità di materia prima effettivamente disponibile. 

Da botte piccola vino buono, come da poca disponibilità a fronte di tanta domanda alti prezzi. Allora la speculazione sull’origine del prodotto è a sua volta una occasione troppo ghiotta!

È possibile che venga utilizzato pistacchio di provenienza diversa. Dopotutto, Bronte è l’1% di produzione mondiale.

 Ai primi posti si colloca l’oriente, con Iran (al secondo posto nel mondo, fornendo il 25% del totale) e Turchia. Questi Paesi sono celebri per la bontà dei prodotti di frutta secca, che sono piatti tipici e patrimonio nazionale. Perciò non è detto che non corrisponda una buona qualità e non c’è dilettantismo nella produzione. A sorpresa il primo produttore al mondo è la California e gli Stati Uniti (solo loro forniscono il 45% del totale mondiale) . Se si resta in ambito europeo, si tratta di Grecia e Spagna. 

Un’altra possibilità è che nel prodotto acquistato, di pistacchio ci sia veramente poco o nulla, solo l’aroma. Per esempio, creme spalmabili dolci che in pratica non è altro che olio e zucchero a cui si dà aroma ed un colore gradevole.

Un espediente molto semplice è dichiarare la provenienza di un prodotto anche se è solo il luogo di lavorazione o trasformazione. Per esempio avviene spesso con prodotti elementari come pasta e latte, dove grano e latte sono di origine estera, ma la marca resta di reputazione italiana.

 Leggere l’etichetta è indispensabile e ci fornirà tutte le informazioni. Inoltre DOP e IGP hanno marchi specifici che rendono immediata la consultazione. 

Il pistacchio è un consumo in aumento,  così prezioso e goloso, che compare in video su internet e stuzzica la fantasia per gusti nuovi e non proprio azzeccati di biscotti e cioccolato. Ma non si tratta solo di una moda da social network. 

Il primo consumatore di pistacchio è la Cina, che è sempre più attratta da alimenti esteri. In Italia il consumo di frutta secca è aumentato, raddoppiato negli ultimi 10 anni, un andamento osservato da Coldiretti , Ismea, Nuscis. In effetti la frutta secca è stata sempre più raccomandata, inoltre è basilare nelle diete vegetariane e vegane, testimoniano perciò una loro crescita. 

In conclusione, l’aumento del consumo di pistacchio e di frutta secca in generale non è solo una moda del momento,  ma rispecchia delle trasformazioni nella società più interni e profondi.  

Visto che la produzione italiana non può reggere alla quantità di richieste del mercato, forse potremmo considerare eccellenza di Bronte non tanto la materia in sé, ma la bravura nelle tecniche di lavorazione. Per esempio, siamo bravi a fare il caffè, ma ciò non significa produrlo.

Adottare un’ottica in questo senso ci consente di restare al passo con le i movimenti mondiali di mercato e rispettare il valore della tradizione e qualità italiana.

Fonti:

Vice.Com – Pistacchio di Bronte dop come riconoscerlo

La Cucina Italiana: pistacchio, tendenza, produzione

scritto da Gemma Domenella

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