Il potere consolatorio dell’arte

 

La fotografia ormai è diventata un linguaggio, comunichiamo attraverso le immagini. Queste le parole del fotografo Giovanni Gastel.

L’arte fotografica oggi è diventata democratica, accessibile a chiunque possieda un semplice smartphone. Ecco la grande rivoluzione che talvolta disgusta i professionisti del settore, un’arte che smette di essere appannaggio di pochi e diventa uno strumento per tutti.

Le immagini fotografiche, fin dagli esordi alla fine del XIX secolo, affascinano l’uomo per la fedeltà con cui riproducono il reale. Fino a quel momento, la pittura aveva assolto il difficile compito, realizzando copie della realtà pur sempre mediate dalla percezione e dall’abilità del pittore.

La fotografia era pura magia meccanica, che non aveva bisogno di una dote per produrre artefatti, non era necessario essere artista per scattare una foto. In pochi anni le immagini fotografiche svincolano l’arte pittorica dalla funzione riproduttiva, lasciandola libera di esplorare altre strade.

Le fotografie diventano il mezzo per contrastare la caducità del tempo e sostenere la memoria. Secondo Andrè Bazin questa volontà umana di contrastare l’azione del tempo su cose e corpi è riassunta nel “complesso della mummia”: un bisogno di fissare le apparenze dell’essere per sottrarlo al flusso della durata e vincere la morte.

Così i fotografi amatoriali si cimentano in quest’arte con infiniti diari fotografici che ritraggano i volti amati, i luoghi vissuti, la propria vita. L’immagine diventa un sostegno per il ricordo, un mezzo perdocumentare e raccontare.

Ecco come un’arte diventa linguaggio condiviso, grazie al suo immenso valore sociale.

Quest’anno la fotografia viene celebrata con la prima edizione della Milano PhotoWeek, che dal 5 all’11 giugno si terrà in luoghi diversi della città. Una settimana di mostre, incontri, visite guidate, laboratori, progetti editoriali, proiezioni urbane e non solo. Un’occasione per lasciarsi ispirare, riflettere, gustare un patrimonio di immagini come probabilmente non le abbiamo mai considerate prima, o forse sì.

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