Mentre il 27 ottobre nelle autorevoli aule del Senato si mette in piedi uno spettacolo imbarazzante, fatto di fischi, urla e applausi, nelle piazze di Milano e Roma i cittadini si riversano in strada illuminati dalle luci degli smartphone per gridare a gran voce “vergogna” contro la bocciatura del Ddl Zan, la legge contro l’omotransfobia. “Hanno riso di fronte alla negazione dei diritti civili“.
L’affossamento del Ddl Zan nascosto nel voto segreto e celebrato in modo così plateale nelle aule del Senato scandisce ancora una volta la profonda “scollatura tra la gente e la politica”. La reazione, diventata virale sui social, non fa che inasprire le proteste e promuovere manifestazioni nelle piazze per chiedere che venga presa la responsabilità per ciò che è successo. Ad affossare forse in modo definitivo il Ddl Zan, la procedura parlamentare soprannominata “tagliola” che pone fine al successivo passaggio in esame degli articoli contenuti nel testo, bloccandolo di fatto per sei mesi.
Il disegno di legge Zan ha forse raggiunto le sue ultime battute, in quanto la forte opposizione arrivata dai partiti di destra e da parte di senatori che primariamente erano a sostegno della legge ma che hanno votato comunque contro, ha fermato l’intero iter di discussione che tra sei mesi, quando sarà possibile riprendere le trattative, risulterà mutato, anche in virtù dell’ignoto scenario politico futuro. A favore della “tagliola” su 288 presenti, 154 senatori, 131 contrari, due astenuti.
Alessandro Zan, da cui prende il nome il disegno di legge, ha commentato su twitter i vari passaggi susseguitisi il 27 ottobre, chiedendo dapprima di respingere la tagliola: “Superiamo quest’ostacolo e diamo al Paese una buona legge contro i crimini d’odio, finalmente”. Per poi puntare il dito su chi è consapevole di aver interrotto la strada a una legge che era necessaria in Italia: “Chi per mesi, dopo l’approvazione alla Camera, ha seguito le sirene sovraniste che volevano affossare il #ddlZan è il responsabile del voto di oggi al Senato. È stato tradito un patto politico che voleva far fare al Paese un passo di civiltà. Le responsabilità sono chiare”.
Se si ripensa alla strada tortuosa percorsa dal Ddl Zan in questi faticosi due anni, dalle accuse di voler approvare una “legge bavaglio” e la minaccia alla libertà d’espressione, alla problematica sulle terminologie coinvolte, la reazione che tutti hanno potuto vedere in Senato appare ancora più brutale. Tanto triviale entusiasmo nei confronti di ciò che avrebbe potuto portare anche solo una parvenza di sicurezza in più nel contrastare accanto alle discriminazioni “per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi” anche le discriminazioni, atti di provocazione e violenze “per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”.
Ad oggi di quel passo verso un nuovo tassello della società civile, già in ritardo nel percorso per riuscire a leggere la società fatta da una molteplicità di voci messe a tacere, nella sua stessa evoluzione storica che viene così bloccata, resta solo un frastuono scomposto, rude e vivo nelle aule che raccolgono le voci di quella società che dovrebbero essere in grado di rappresentare.
Alice Cubeddu