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Il ddl Zan continua ad affrontare il tortuoso percorso. Sin dalla sua presentazione è stato ostacolato da numerosi rinvii alla Camera, bloccato per mesi in commissione Giustizia a causa della strenua opposizione dei partiti di destra. Ieri il provvedimento ha rischiato di affondare, messo in pericolo dalle votazioni sulla pregiudiziale di costituzionalità, con la quale viene fatta richiesta che un argomento non venga discusso poiché in contrasto con la Costituzione. Scampato il pericolo con 136 voti contro 135, il disegno di legge ha ottenuto infine l’avvio della discussione, che riprenderà martedì. Lo scontro tra partiti è acceso contro i principali sostenitori della legge, il PD e il Movimento 5Stelle.

Le opinioni contrarie sul disegno di legge contro l’omotrasfobia si susseguono da tempo, non solo nell’ambiente puramente politico cui è interamente rimessa la discussione, ma anche al di fuori, dalle associazioni cattoliche, ai movimenti antiabortisti a parte del mondo femminista.

Cos’è il ddl zan

La discussione generale attorno al Ddl Zan si perde negli intrecci delle diverse opinioni e perplessità confusionarie, su che in breve la proposta così formulata a favore di maggiori tutele vada a ledere diversi aspetti come la libertà di espressione o la figura stessa della donna, come molte ali femministe hanno voluto far presente.

Prima di tutto, cosa riporta il Ddl Zan e quali sono in particolare gli elementi chiave che hanno suscitato discussioni rivoltose?

Presentato dal deputato del partito democratico Alessandro Zan, il decreto viene letto come “estensione” e integrazione della legge Mancino, accostando alle discriminazioni, atti di provocazione e violenze “per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”, le discriminazioni e violenze “per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”.

La minacciata libertà d’espressione

Il primo contrasto noto, imbevuto e fomentato da fake news, è quello che andrebbe a minacciare la libertà di espressione.  Dalla definizione di “legge bavaglio”, a “legge liberticida” (Fratelli d’Italia), a “legge che punta a diffondere l’ideologia gender nelle scuole e nei tribunali”, si è andati ad alimentare erroneamente la “paura” di non potersi più esprimere liberamente e diffondere le proprie idee. E fare “propaganda”.

È importante spiegare però che la libertà di espressione non è più tale nel momento in cui fomenta e incita violenza e odio. Sarà sempre possibile esprimere la propria opinione contraria alla vastità di argomenti che investono il nostro mondo. Sarà proposta, esattamente come da definizione, un’estensione della legge Mancino che già punisce atti di discriminazioni e violenza, accogliendo sotto la sua ala protettrice più tematiche, sempre più bersaglio di odio e discriminazioni. Ciò è ben chiarito nella sentenza di Cassazione (Sez. V, 24 gennaio 2001, n. 31655) “la quale ha affermato che il reato di istigazione a compiere atti di discriminazione non si pone in contrasto con il diritto di libera manifestazione del pensiero, sancito nell’art. 21 Cost., in quanto «l’incitamento ha un contenuto fattivo di istigazione ad una condotta, quanto meno intesa come comportamento generale, e realizza un quid pluris rispetto ad una manifestazione di opinioni, ragionamenti o convincimenti personali».

Femminismi e le terminologie coinvolte

Nel testo vengono specificate le quattro terminologie utilizzate e su cui si sono alzati polveroni nel corso dei mesi, che aiutano a comprendere meglio ciò su cui si vuole agire e il punto di vista di chi le critica:

“…motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”.

Per sesso si intende il sesso biolo­gico o anagrafico; per genere si intende qualunque ma­nifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso, cioè non essere forzati ai costrutti sociali relativi a sesso maschile e femminile. Per orientamento sessuale si intende l’attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone di sesso opposto, dello stesso sesso, o di entrambi i sessi; per identità di genere si intende l’i­dentificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corri­spondente al sesso, indipendentemente dal­ l’aver concluso un percorso di transizione. Dunque la percezione che ciascuno ha di sé, indipendentemente dall’aver affrontato un percorso chirurgico. La cosiddetta self-id.

Proprio quest’ultimo termine, “identità di genere”, sebbene già utilizzato in passato dalla giurisprudenza, ha sollevato altri venti del dissenso e in particolare sono molteplici punti di vista del variegato mondo femminista. Quando si parla di femminismo non si può infatti intendere un gruppo unico e compatto, ma costellato da una molteplicità di correnti e sottocorrenti succedutesi nel tempo e tutt’oggi assolutamente presenti. In questo caso, a esternare il proprio dissenso in questi mesi sono state le appartenenti ai gruppi TERF, cioè Trans-exclusionary radical feminism, femministe radicali, secondo cui l’identità di genere è strettamente legata al corredo biologico: non c’è spazio per essere donna se non si è nata donna.

Per meglio comprendere questi punti di vista, la puntualizzazione di Marina Terragni al Corriere della Sera lo scorso maggio: “Nel testo si parla di identità autopercepita che è l’ambiguità che apre la porta alla “Self Id”, l’autopercezione del genere. Per capire: in California, dove il self-Id è diventato legge ci sono stati 270 detenuti che si sono dichiarati donne e hanno chiesto di andare nel carcere femminile, con il terrore delle detenute”. Ci sono anche altri punti contestati come l’apertura alla “gestazione per altri”, o il fatto che includere le donne nel testo come categoria da tutelare le ponga su un piano di minoranza e inferiorità.

Tuttavia, fare di tutto per contrastare la misoginia, la violenza contro le donne, condannando l’odio e l’incitamento a questo non pare così sbagliato ed estemporaneo. È una lotta continua e questa sarebbe un’arma in più per tutelare le persone dalle continue discriminazioni e violenze, ed educare una porzione di mondo…a stare al mondo.

Alice Cubeddu

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