L’arte usa la voce della bellezza per parlare del brutto, scuote e rompe il silenzio

L’Italia nell’immaginario di molti stranieri rappresenta un piccolo gioiello da vedere almeno una volta nella vita. Le Alpi, i numerosi laghi e una superficie costiera di ben 8.309 km, rendono questo paese ricco di luoghi meravigliosi e paesaggi emozionanti.

Eppure, non tutti sanno che tra un paradiso e l’altro si nascondono le terrificanti tracce della presenza dell’uomo, un lascito della cosiddetta civilizzazione all’ambiente, accumulando costruzioni artificiali in disuso o addirittura mai finite. Le strutture che deturpano il volto dell’Italia si chiamano ecomostri, termine che non offre tanto scampo alle interpretazioni e che ben esprime la realtà dell’artificio.

La definizione che si trova su Wikipedia di ecomostro recita: un edificio o un complesso di edifici considerati gravemente incompatibili con l’ambiente naturale circostante, prevalentemente riguardo all’impatto visivo.

Gli abusi edilizi in Italia sono da sempre una problematica grave e largamente diffusa, dovuta alla volontà di sfruttare il territorio senza interesse a tutelarlo, per un solo tornaconto economico. Tuttavia, le costruzioni illegali sono solo una delle cause, infatti, degli oltre 20.000 edifici costruitiogni anno sul suolo italiano, più della metà rimane incompiuta per mancanza di fondi, spesso in seguito a gare d’appalto che non sempre seguono criteri meritocratici. Infine, persiste la tendenza a non smantellare le strutture ormai inutilizzate, lasciando che il tempo li trasformi in luoghi poco sicuri e fatiscenti.

Nel 2014, la fotografa Maria Teresa Furnari decide di percorrere 2400 km, da Milano a Palermo, per andare alla ricerca di questi luoghi mostruosi. Da questa esperienza nasce il progetto fotografico Ecomostro Tour, una raccolta di immagini che documentano le condizioni agghiaccianti di certi luoghi dove la bellezza della natura si scontra con l’orrore edilizio in modo molto più che evidente. Le fotografie di Maria Teresa catturano lo sguardo dello spettatore e colpiscono al cuore. Ogni immagine mette in scena il bello e il brutto, riuscendo a trasmettere la violenza dell’impatto visivo grazie alla scelta di un punto di vista che è un vero e proprio specchio della realtà.

Ph. Maria Teresa Furnari, Ecomostro Tour

Nello stesso anno, Matteo Maffucci e David Diavù Vecchiato danno il via al progetto Ri-Fatto. Abbandono, degrado ed ecomostri “rivisti e corretti” dall’Urban Art. Proprio così, l’arte interviene per denunciare, far conoscere e restituire bellezza al volto sfigurato del tessuto urbano. Un’idea semplice ma efficace per contrastare la tendenza dello sguardo ad abituarsi alla presenza dei mostri diventando pian piano passivo alla bruttezza. L’iniziativa prende piede, diventando un progetto di grande portata che coinvolge molte città e altrettanti artisti, tanto che Il Fatto Quotidiano ogni lunedì dedicherà le sue due pagine centrali alle nuove opere realizzate.

Ex-industria petrolchimica Sarom, Ravenna. Bozzetto di Veks Van Hillik 

Il potere curativo dell’arte si riconferma con questo intervento di soccorso per salvare le città. Così come le immagini di Maria Teresa Furnari, le opere di Urban Art denunciano la presenza dei mostri, manifestando la volontà di non diventare passivi al contesto in cui viviamo, al punto da non vederne più l’orrore.

 

Ex-Colonia Ettore Motta/Edison a Marina di Massa (MC). Bozzetto di Ron English (USA) 

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