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Obiettivo assimilazione delle popolazioni indigene

A luglio 2021 anche l’apparentemente sereno Canada è stato scosso da proteste rabbiose, derivanti dal desiderio della gente di non dimenticare una pagina nera del passato: le scuole “residenziali” per bambini indigeni.

In 136 di queste strutture operanti dal 1831 al 1996 (anno in cui è stata smantellata l’ultima scuola) furono internati 150000 bambini Inuit, Metis e First Nations, nel tentativo di assimilarli alla dominante cultura euro-canadese. Renderli il più possibile omogenei alla popolazione bianca e cristiana.

Le prime scuole furono inaugurate nella New France dai missionari cattolici, con il fine di elargire educazione scolastica e cure, nonostante le popolazioni First Nations fossero del tutto indipendenti dai colonizzatori.

Successivamente, avviare scuole residenziali su ampia scala nell’attuale Ontario diventò prassi per il governo e la chiesa. I principi religiosi che animarono questo proposito erano di ispirazione Metodista, Anglicana e Cattolica.

Le speranze dei leaders indigeni

Dal 1870 in poi il governo federale e la popolazione indigena delle Plains Nations si accordarono, come da desideri di questi ultimi, per includere nei trattati di pace misure di inclusione scolastica per i bambini indigeni. I leaders indigeni ritennero infatti che tali disposizioni avrebbe aiutato le proprie nuove generazioni nella transizione verso un mondo dominato dagli invasori.

Con l’implementazione dell’Indian Act nel 1876 al governo fu richiesto di provvedere all’educazione scolastica dei giovani indigeni e assimilarli nella società canadese.

La collaborazione con i missionari cristiani portò all’incoraggiamento della conversione religiosa nei giovani indigeni: non era questa il cambiamento che gli anziani leaders avevano auspicato.

Il trattamento riservato nelle scuole

I bambini indigeni in età scolastica venivano separati dai genitori e spesso dai propri fratelli; una volta giunti nell’istituzione a cui erano destinati, veniva loro immediatamente proibito di parlare la loro lingua natia. I loro abiti tradizionali erano rimossi e le loro pratiche di spiritualità indigena apertamente derise e denigrate. A conti fatti, i bambini rimanevano intrappolati tra due mondi.

L’abuso fisico era d’istanza nelle scuole residenziali: innumerevoli i racconti di incatenamenti e pestaggi da parte dello staff. Non quantificabile anche il perpetrarsi delle frequentissime violenze sessuali ad opera del personale, anche dirigenziale: quando denunciato, le autorità indagavano il minimo indispensabile, ai colpevoli erano concesso di procedere in ufficio.

Malnutrizione e malattie, derivanti da un sostanziale disinteressamento del governo per queste istituzioni, massacrarono circa 6000 giovani indigeni.

A maggio 2021 i resti di 215 bambini sono stati rinvenuti nei pressi della Kamloops Indian Residential School in British Columbia. Tale scoperta lascia supporre che occultare i corpi di alunni deceduti fosse divenuta prassi comune, e che il numero totale di indigeni caduti vittima del sistema scolastico sia destinato a crescere.

Un genocidio culturale

Gli attuali leaders delle minoranze indigene canadesi parlano da tempo di un “genocidio culturale” per il quale nessuno ha pagato; nessuna forma di compensazione ufficiale è mai stata offerta alle comunità disgregate dall’opera di assimilazione, nonostante le numerose iniziative avviate dalla Truth and Reconciliation Commission of Canada (Commissione del Canada per la Verità e Riconciliazione). Il report finale rilasciato da tale Commissione è stato ufficialmente accettato nel 2015 dal Primo Ministro Justin Trudeau: ancora una volta sono state presentate scuse da parte dell’intera nazione alle comunità distrutte dall’ideazione delle scuole residenziali e l’omertà degli organi religiosi in merito ai soprusi e violenze.

Da allora nuove inquietanti scoperte sono state compiute e ulteriori storie dell’orrore sono emerse.

I leaders indigeni e la comunità internazionale si chiedono: per quanto ancora continueranno a esserci solo scuse formali da parte del governo canadese anziché azioni concrete?

Mario Daddabbo

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