Si è svolta a Lisbona, tra il 15 e il 18 giugno, la conferenza “Equality and Inclusion in Football” promossa dal FARE Network, la rete europea contro il razzismo nel calcio in Europa.

Oltre 140 partecipanti da quasi 50 paesi europei e non solo, che si sono confrontati tramite workshop, dibattiti, panel e testimonianze di attori protagonisti del mondo del calcio europeo. Temi vasti, ampi e altrettanto attuali: da come combattere l’antisemitismo nel mondo del calcio agli strumenti di sostenibilità economica per le piccole realtà di base, passando per le buone pratiche di inclusione dei rifugiati attraverso il calcio in Europa.
I dati sulle migrazioni, forniti da Stephen Reynard, coordinatore dei progetti sportivi dell’UNHCR, sono lampanti: i flussi migratori sono in costante crescita, 108.5 milioni di uomini e donne costretti a lasciare la propria abitazione per sfuggire da guerre, carestie, persecuzioni e ricercare una condizione di vita migliore.

Khalida Popal e Aysat Yusuf-Aromie

Khalida Popal, ex calciatrice della nazionale di calcio afghana e fondatrice del progetto “Girl Power” enfatizza il valore del calcio come strumento di espressione per la comunità migrante. Non devono essere infatti i paesi ospitanti e le loro associazioni a parlare per conto dei migranti, è piuttosto necessario sostenerli e fornirgli gli strumenti affinchè possano esprimersi in autonomia.

Cruciale è il tema della leadership, che Raluca Negulescu, direttrice esecutiva della fondazione UipPath, definisce come la capacità di non sentirsi a disagio nell’affrontare le difficoltà che si presentano. Riconoscere le difficoltà e i problemi, accettarli come presenti ed essere disposti ad affrontarli senza decidere né di ignorarli né di fuggili. 

Numerosi gli altri spunti, dall’importanza di avere role model femminili nel mondo del calcio, alla capacità di anticipare i problemi discriminatori invece che trovarsi sempre a rincorrere le soluzioni, dal ruolo che il calcio può avere nel rafforzamento di comunità divise all’importanza di non lasciare che siano le vittime degli abusi discriminatori a dover trovare le soluzioni per conto loro, ricordandoci che le problematiche che dobbiamo affrontare in questi anni non possono essere considerate emergenziali bensì ricoprono ormai una dinamica quasi strutturale della nostra società.

Una proiezione guidata dall’Università di Rotterdam ha mostrato come le minoranze etniche siano marginali nei ruoli dirigenziali del calcio europeo, dove anche le donne faticano a trovare spazio. Le governance e le “field operation” societarie sono occupate per l’88% da uomini bianchi, per il 2,5% da uomini di minoranze etniche e solo dal 9,5% di donne bianche mentre non vi si registrano attualmente donne appartenenti a minoranze etniche. Anche il dato relativo a chi allena nel mondo del calcio femminile è squilibrato, considerando che il 59% è coperto da uomini ed il 41% da donne.

Tra le testimonianze più significative sono stati registrati gli interventi di Natalie Washington, calciatrice transgender che ha evidenziato l’arretratezza delle federazioni calcistiche sul tema, svelando una diffusa transfobia nel mondo del calcio in tutti i livelli, e di Mbo Mpenza, calciatore nato in Congo e che ha rappresentato il Belgio a livello nazionale partecipando anche a due edizioni dei mondiali. Mpenza, primo calciatore nato in Africa a vestire la maglia del Belgio, ha raccontato degli abusi razzisti subiti sin da ragazzino nei campi che ha calcato e di come l’abbiano segnato per tutta la carriera. “La vera sconfitta è quando accetti di ricevere insulti razzisti” ha dichiarato l’ex attaccante di Anderlecht, Sporting Lisbona e Galatasaray, che al termine della sua carriera ha sviluppato numerosi progetti di inclusione ed educazione tramite il calcio.

L’intervento conclusivo della conferenza è spettato a Raffaella Chiodo Karpinsky, membro della UISP e del consiglio direttivo del FARE Network che ha appena concluso il suo mandato. “Concentriamoci sul fatto che il nostro lavoro è volto a sradicare le discriminazioni nel mondo del calcio, e non per curarle con palliativi. Tutti gli attori del mondo del calcio, dalla dirigenza ai calciatori passando per i tifosi, devono essere coinvolti per vincere la partita contro il razzismo. Per stare al passo coi tempi è necessario aggiornare i propri linguaggi e adattarli al nostro tempo.”


Al nuovo consiglio direttivo auguriamo il raggiungimento di questo e molti altri obiettivi!

Gian Marco Duina
20/06/2023

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