Se hai voglia di comprare in modo più sostenibile ed etico, sappi che non siamo certo in pochi! Sempre più persone vogliono compiere delle scelte responsabili, per una sempre maggiore sensibilità all’impatto sull’ambiente e sulle altre persone.

Se guardiamo a sondaggi recenti, Supermercato24 nel 2020 ha riscontrato che la sostenibilità è un fattore di influenza di ordine grande per l’80% degli intervistati ed il 60% apprezzano molto prodotti di questo genere. Il 15% compra un prodotto solo se è sicuro che abbia un basso impatto ambientale, il 14% preferisce sostituire un prodotto con un altro se ha un imballaggio più sostenibile.

Ma non ci fermiamo qui, l’effetto è mondiale. Deloitte ha effettuato una imponente ricerca sui 250 marchi di grande distribuzione più importanti nel mondo. Più della metà delle persone (55%) hanno acquistato nel mese precedente almeno un prodotto o servizio che reputano sostenibile. Per questo, il 32% riferisce di essere disposto anche a pagarli di più e il 19% ad aspettare più a lungo. Perciò si tratta di un impegno e di una sensibilità autentici, che portano a delle conseguenze nei nostri comportamenti e per i rivenditori a cui ci rivolgiamo. Perciò non possono fare a meno di esservi attenti. Addirittura, il 78% sarebbe disposto a cambiare rivenditore se non raggiungesse il grado sufficiente di sostenibilità, secondo l’European Grocery Report 2022 di Salesforce.
Perciò possiamo trovare sollievo nella domanda: tutto ciò che facciamo ha senso? Dover spendere di più, cambiare abitudine, andare da un’altra parte… La sostenibilità e la sensibilità ci danno dei costi, che a volte sarebbe semplicemente più facile ignorare. 

Facciamo l’esempio del biologico o dell’allevamento responsabile. La quantità di persone che comprano questo tipo di prodotti è minimo, come minima è la quantità di prodotti di questo genere disponibili all’interno del supermercato, rispetto all’intera massa del resto. Che peso può avere, se oggi io compro una carne o un uovo allevati con criteri più responsabili, e per questo mi devo pure sobbarcare un prezzo maggiore? Tanto la maggioranza di prodotti che regna sugli scaffali (e di cui una buona parte verrà probabilmente buttata via il giorno dopo per eccesso di produzione) segue ben altri criteri. Allo stesso modo, la maggioranza delle altre persone presenti nel negozio segue ben altri pensieri… 
Allora diventa semplice, ragionevole, inevitabile scrollare le spalle e lasciare perdere, finendo per comprare le stesse cose, un po’ demoralizzati sulla società e sul futuro del mondo, un po’ sollevati di non aver dovuto compiere alcun sacrificio. Non dobbiamo nemmeno ammettere che siamo noi che siamo venuti meno ai nostri principi, che restano sacrosanti, ma semplicemente che è troppo forte il sistema. Perciò tanto vale non fare nulla.

Il fatto è che supermercati e rivenditori sono molto attenti alle scelte di consumo che facciamo. Anzi, sono silenziosi nel tracciare e misurare i dati di vendite e preferenze, tanto quanto appaiono invisibili i nostri singoli gesti. Perciò, sebbene quel singolo gesto non sia certamente determinante per il futuro generale, tuttavia ne fa comunque parte e andrà a determinarlo, con una propria influenza. È come un chicco di grandine: non è un singolo cristallo di ghiaccio che rende terrificante una grandinata. Non è vero che ha forza solo in massa, perché anche da solo ciascuno ha la forza di un piccolo missile, non è inerte. Questa piccola forza si somma poi a quella di altri, simili a noi, che di fatto ci sono, anche se non li conosciamo direttamente, rendendo l’effetto visibile ed incontestabile. La grandinata, già violenta in sé, diventa ancora più forte, fino al punto dove bisogna prendere provvedimenti.
Se considerate le statistiche di prima, i principi non sono affatto teorici, diventano atti di consumo e denaro. I rivenditori non li ignorano

Non possono ignorarli, come non possono sopraffarli. Una volta si credeva che noi subiamo la pubblicità, che compriamo e diamo attenzione a ciò che i media ci dicono, in una sorta di lavaggio del cervello del tutto passivo. In sociologia viene chiamata teoria del proiettile. In un sistema così è inevitabile perdere la speranza. Ma i media stessi sono cambiati nei loro funzionamenti, mentre le dinamiche della società si sono tecnologizzate e sono variate. Oggi i media danno input a cui noi rispondiamo, loro ascoltano la risposta, in modi perfino sottili e capziosi. Non hanno altra scelta che adeguarsi, se vogliono continuare ad essere presenti e considerati, restare nella facoltà di poter vendere. Perciò il ciclo non è passivo, ma interattivo. I media oggi hanno natura interattiva, non passiva. Di conseguenza, ogni gesto del singolo finisce per essere significativo.
È come un capetto in un gruppo: certamente avrà modo di impostare delle sue leggi e delle prassi, che finiscono imposte anche agli altri, ma se diventano estranee al modo di vedere del resto del gruppo oltre un certo punto, perderà forza in modo poco conveniente, rischiando di venire allontanato. Ha bisogno di ascoltare ed adeguarsi al gruppo, per restare sulla cresta dell’onda. 
È un paradosso di forza e debolezza che sono compresenti, così non è semplice comprenderli o immaginare i loro effetti. Allo stesso modo, anche ciascuno di noi è sia forte sia debole. Ma nel complesso, il nostro sforzo ha un senso ed una influenza.

Se tutto ciò non fosse vero, la vicenda dell’olio di palma non avrebbe avuto quella conclusione. È un ottimo esempio del sistema in cui ci troviamo.
Vi ricordate? L’olio di palma è stato molto dibattuto nel 2014. Da una parte c’erano dei motivi di salute, in quanto grasso contenente grassi saturi, mentre altri oli contengono invece grassi insaturi, considerati migliori. Dall’altra c’erano motivi ambientali e di rispetto per il lavoro, perché questo prodotto era legato a produzioni intensive. Forse l’olio di palma non era così tanto peggiore di altri fenomeni già presenti sul mercato, ma di fatto venne estremamente demonizzato, tanto che la dicitura che qualcosa contenga olio di palma causa ancora oggi istintivamente un forte senso di rifiuto. Le case produttrici non hanno avuto altra scelta che abbandonare questo ingrediente, perché il loro prodotto non veniva più scelto e costava pure la loro reputazione. È finita così, nonostante per le aziende l’uso dell’olio di palma fosse più vantaggioso, sia per il prezzo basso, sia per la versatilità nell’uso, ed avessero strutturato bene la loro comunicazione per difenderlo. Oggi l’olio di palma sopravvive, in minori quantità, in prodotti a basso costo, non di esposizione principale. 
Lo sviluppo è stato particolare con Nutella. L’olio di palma è uno degli ingredienti principali, che per l’azienda si è rivelato insostituibile. Nutella è un prodotto dalla formula perfetta, per bontà e cremosità, ad un prezzo medio adatto al grande pubblico: una variazione in questa formula origina per forza delle perdite. Ma per compensare e mantenere l’equilibrio, Nutella ha speso moltissimo. Ha dovuto spendere in spiegazioni sul perché è così necessario, con pubblicità e convegni all’epoca e destinando ancora oggi intere sezioni del suo sito internet. Inoltre ha dovuto rifondare il suo sistema di approvvigionamento, per dimostrare che sia abbastanza sostenibile. Tutto per mantenere il rapporto con le persone che comprano Nutella.

Se proprio siete convinti di avere poco potere rispetto al sistema, forse è vero, ma in altri modi. Per i media funziona dare spazio a certi argomenti piuttosto che altri, lasciandoci poi parlare e prendere posizione a riguardo, mentre il resto viene dimenticato. È la stessa strategia che si usa nei dibattiti politici. In sociologia è chiamata la teoria dell’agenda setting. Per esempio, quanto spazio viene occupato per parlare di cibo e cucina, argomenti piacevoli ed alla moda, che non viene impiegato per altro? Quando si tratta di cibo, mangiarne troppo può causare la nausea, ma se si tratta di contenuti social, non arriva mai!
Oggi di fatto la sostenibilità è uno dei temi più sentiti, perciò ha modo di affiorare. Tante aziende hanno cominciato a seguirlo e adottare pratiche, seguendo la sensibilità che sta diventando comune. Se non è più un argomento scomodo per un’azienda, ma anzi le conferisce un plus, tanto più si può diffondere.

In conclusione, la sensibilità è destinata a diffondersi, e quanto più le nostre azioni di acquisto vanno in questa direzione, tanto più verranno integrate in un sistema, con effetti sempre maggiori.

Scritto da Gemma Domenella

Print Friendly, PDF & Email