La distinzione tra vita reale e digitale appare sempre più sfumata nella quotidianità che ci circonda. Viviamo iperconnessi da diversi anni, riscoprendoci spesso incapaci di scindere tra la vita in rete (online) e non (offline). Il filosofo Luciano Floridi coniava il termine “onlife” già nel 2013 per sintetizzare la continuità tra queste due dimensioni della nostra esistenza. La pandemia ha esasperato ulteriormente questo fragile equilibrio fino quasi ad annullarlo. Dalla socializzazione allo studio, dal lavoro all’azione politica e sociale, dalla gestione di pratiche amministrative all’acquisto di beni di prima necessità: la sfera digitale ha ormai permeato le nostre vite costringendo anche gli scettici e coloro che per difficoltà tecniche preferivano mantenersi ai margini della rivoluzione digitale ad adeguarsi.
La diffusione generalizzata di telelavoro, didattica a distanza e del requisito dell’identità digitale (SPID) per la gestione di un crescendo di pratiche burocratiche hanno definitivamente abbattuto ogni sorta di resistenza all’utilizzo delle tecnologie digitali da parte dei cittadini di ogni età.
Ma fino a che punto siamo preparati per questo cambio di prospettiva? Disinformazione, protezione della privacy e dei dati personali, profilazione per fini commerciali e politici, cyberbullismo, phishing, furto di identità e revenge porn sono solo alcuni dei pericoli che minacciano il mondo digitale, che la maggior parte degli utenti ignora e che ricevono scarsa attenzione da parte dei media mainstream.
L’Italia è quartultima in Europa nella classifica della Commissione Europea sulla digitalizzazione. Con oltre 10 milioni di cittadini che non sanno usare Internet appare sempre più urgente la necessità di piani formativi specifici. Nell’agosto del 2020 il Ministero per l’Innovazione Tecnologica e la Transizione Digitale ha reso nota la Strategia Nazionale per le Competenze Digitali, risultato di un lavoro di sinergia tra Ministeri, Regioni, Province, Comuni, Università, istituti di ricerca, imprese, professionisti, Rai, varie articolazioni del settore pubblico e società civile. Il piano operativo adottato lo scorso dicembre punta a colmare il gap digitale del Paese entro il 2025.
E le nuove generazioni?
In Italia, in base alla Legge 92/2019, dal 1° settembre 2020 le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado hanno l’obbligo di prevedere almeno 33 ore di insegnamento di educazione civica (non aggiuntive ma attraverso un adattamento degli insegnamenti proposti nella propria offerta formativa), ripartite sulle tematiche “sostenibilità”, “educazione civica” e “cittadinanza digitale”. Risulta palese come una decina di ore l’anno di insegnamento scolastico sui temi della cittadinanza digitale impartite da docenti non specializzati, equivalente a circa un terzo del programma previsto per l’educazione civica, non possano rispondere ai bisogni formativi di una generazione che si ritrova catapultata verso un orizzonte in cui l’uso delle tecnologie della comunicazione è destinato a svolgere un ruolo di primo piano in ogni ambito della vita.
Oltre ad un’efficace sinergia tra enti pubblici e privati, istituzioni accademiche e società civile, per formare “cittadini digitali” sarebbe auspicabile un ripensamento delle metodologie didattiche tradizionali. Il ricorso a strumenti interattivi sviluppati tenendo conto di aspetti ludici, di apprendimento e sicurezza digitale può offrire un enorme potenziale educativo prefigurandosi come un prezioso supporto pedagogico a carattere innovativo.
A titolo di esempio, il Centro comune di ricerca (JRC) della Commissione Europea ha sviluppato Happy Onlife, un progetto che mira a sensibilizzare bambini, genitori e insegnanti su rischi e opportunità del web e a promuovere diritti e competenze in ambito digitale creando consapevolezza attraverso un approccio educativo non formale (giochi e videogiochi). Una proposta ludica a metà tra quiz e gioco dell’oca che favorisce scambi e riflessioni tra ragazzi e adulti su tematiche quali sicurezza informatica, privacy, protezione dei dati e alfabetizzazione digitale favorendo un uso equilibrato, sicuro e rispettoso delle nuove tecnologie.
Mentre ancora si fatica a vedere la luce in fondo al tunnel della pandemia, la nostra società sta affrontando una trasformazione radicale in cui non sarà la specie più intelligente a sopravvivere, ma quella che saprà adattarsi meglio ai cambiamenti del futuro digitale verso cui andiamo incontro. Digito ergo sum.
Alice Colombi
Media and Digital Communications Expert
Milano, 24 Marzo 2021