Bolsonaro, paladino della distruzione
“L’Amazzonia è di proprietà del Brasile”. “La deforestazione e gli incendi non cesseranno mai, sono un fenomeno culturale”. “Alcune persone sia dall’interno che dall’esterno del Brasile hanno insistito per lasciare i nostri Indiani come dei veri cavernicoli” (in riferimento alla loro integrazione nella società una volta che le loro terre saranno espropriate). Queste solo alcune delle numerose e emblematiche dichiarazioni di Jair Bolsonaro, il presidente in carica del Brasile, sulla tragedia che sta consumandosi nel territorio amazzonico brasiliano (e nel resto della foresta pluviale amazzonica). La deforestazione ha toccato picchi senza precedenti da quando “il Trump dei Tropici” (come è stato soprannominato dai media brasiliani) è salito al potere nel gennaio 2019. È però giusto anche ricordare come le radici del problema affondino molto più in profondità dei provvedimenti disastrosi resi effettivi dal politico di estrema destra.
Le radici della deforestazione corrono in profondità
Nel 2020 il fenomeno della deforestazione ha interessato un’area di 11000 chilometri quadrati, un’ampiezza mai toccata dal 2008. Nel 2012 il presidente Dilma Rousseff aveva già disposto che la legislazione inerente l’abbattimento massivo di alberi fosse lasca, decisione i cui effetti si sono protratti fino ad oggi.
La deforestazione divora sempre maggiori porzioni di foresta primaria dove risiede la quota principale di biodiversità fondamentale per il pianeta.
Multinazionali e latifondisti spiccarono salti di gioia
A novembre 2020 l’Istituto Nazionale per la Ricerca Spaziale brasiliano ha annunciato un aumento del 9.5 per cento, senza destare troppa sorpresa, poiché l’abbattimento selvaggio non è controllato in alcuna maniera. Dopo un picco massimo di deforestazione nel 2004 pari a 30000 chilometri quadrati, il governo approvò una serie di leggi atte a arrestare l’avanzare del fenomeno, fino alla regressione stabilita da Rousseff. Ella infatti propose con forza nel 2012 un pacchetto di riforme del “Codice Forestale” che, tra le diverse conseguenze, depenalizzava l’abbattimento in massa di alberi e altre violazioni ambientali, permetteva l’ottenimento di licenze, e concedeva una sorta di amnistia per coloro condannati negli anni precedenti per simili reati. Le corporazioni multinazionali e i grandi proprietari terrieri rimasero increduli della loro fortuna: cominciarono immediatamente a obliterare intere strisce di foresta a ritmi accelerati. Inoltre, il prezzo della soia aumentava, fornendo un ulteriore motivo per accanirsi contro i polmoni del pianeta.
Importante menzionare come i politici brasiliani ignorino il problema perché mossi da conflitti di interessi: ad esempio, Blairo Maggi, Ministro per l’Agricoltura del governo Temer tra 2016 e 2019, è il principale produttore mondiale di soia (prima coltura responsabile della deforestazione) grazie alla propria azienda di agribusiness.
Infine, il mandato di Bolsonaro si è reso protagonista di grossolane e indiscrete modifiche a leggi precedenti: nei primi due anni di incarico egli ha modificato 57 leggi, mentre la depenalizzazione dei reati ambientali è giunta al 70 per cento.
Si sta intaccando la foresta primaria
Il tipo di foresta che sta cadendo vittima delle azioni umane è quello primario (o vergine), fondamentale nel suo ruolo di polmoni della Terra che limitano il cambiamento climatico e le emissioni atmosferiche. Questa sezione dell’Amazzonia arriva a immagazzinare fino 200 miliardi di tonnellate di anidride carbonica.
Poiché le leggi brasiliane sono deboli contro l’abbattimento di alberi nella foresta secondaria (quella dove l’uomo ha già lasciato la sua impronta) si sta determinando un effetto domino, per cui si arriva sempre più spesso a deforestare la primaria.
Difendere tutta l’Amazzonia come un’unica entità
Nonostante si sia parlato di Brasile e dell’impatto negativo che la politica ha avuto sulla conservazione della foresta pluviale, è bene ricordare che in diversi altri paesi sud americani succede lo stesso. L’Amazzonia però è un’entità unica, ben al di là dei confini statali che comprende e valica, ed è un patrimonio collettivo per la difesa del quale tutti dovrebbero essere agguerriti, in prima linea.