Il network marketing: così detestato, così calunniato, al pari del telemarketing al telefono o l’assicuratore che vuole piazzarti una polizza. Se il network marketing, col suo lavoro da casa e in digitale, può essere visto come uno dei lavori del futuro, nella stessa misura potrebbe essere una delle categorie più odiate del futuro!

Sappiamo cosa significa venditori porta a porta: la sgradita campanellata di un povero diavolo, che vuole mostrarti il suo set completo di accessori che gli tocca trascinarsi con sé. Con l’evolversi della tecnologia, si sono evoluti anche i fastidi dei tentativi di vendita, che sono diventati sempre più da remoto. Il contatto è passato via telefono: i malfamati “call center”, che hanno portato ad evitare come la peste qualsiasi chiamata da parte di numero sconosciuto (portandoci a rifiutare anche le chiamate di cui ci importa, come Pierino che grida al lupo, e facendoci arrabbiare ulteriormente). Un’alternativa è stata la televendita via tv, che interrompeva i nostri programmi preferiti e ci intontiva con la sua martellante ripetitività, a meno che si prendesse con filosofia e si decidesse di ascoltare il discorso della televendita come manifestazione della stranezza umana con un certo divertimento e curiosità.

Lo sviluppo di internet ha portato ad un cambiamento radicale nella vendita. Non solo per i prodotti che vogliamo già, per i quali ci siamo abituati a cercare online invece che in un negozio fisico. Anche i tentativi di vendita non sono mai cessati, solo cambiati. Stavolta cercano di strappare la nostra attenzione disseminati nella pagina web o apparendo all’improvviso a tradimento nel mezzo di un video o di un podcast. Se la volontà all’apice è umana, è il web che agisce, non c’è più bisogno di un venditore o un piazzista in carne e ossa.

In un certo senso è un sollievo per il destinatario, che almeno evita un incontro inatteso e impara a cancellare ed evitare finestre e messaggi, invece di più impegnativi dialoghi e cambi di percorso verso la propria destinazione. Ma è un sollievo anche per i venditori stessi, che non devono più farsi forza in approcci spesso fallimentari per natura. E’ un esempio di come internet ha provocato la perdita di posti di lavoro e addirittura la cancellazione di un tipo di lavoro – ma portando un miglioramento per tutti, come si auspica nel futuro da internet.

Allora l’irritazione verso i venditori, che ora con internet è diventato indiretto e astratto, non è svanita ma si è spostata verso una nuova categoria di marketing: il network marketing, ovvero “la catena”. Non si cerca solo di far diventare qualcuno cliente e pagare un prodotto, ma farli diventare rivenditori. Così il cerchio si allarga sempre di più ed il business aumenta sempre di più le sue possibilità.

Il fastidio si genera non solo per aver ricevuto una proposta di vendita sgradita, ma anche una proposta di lavoro sgradita. Perché il lavoro di venditore non attrae: ci farà odiare ed è precario. Si sente di essere presi in giro, perché il lavoro interessa eccome e ci sentiamo punti sul vivo, soprattutto se abbiamo l’impressione che le cose non siano descritte come sono.

Infine, anche i prodotti venduti possono risultarci sgraditi o di poco interesse, anche se spesso non ci siamo informati davvero sulla loro qualità effettiva.

Tuttavia il network marketing funziona: altrimenti non ci sarebbero marchi che sopravvivono con questo sistema, e nemmeno individui.
Secondo il WFSDA, che registra lo stato dell’arte della vendita diretta a livello mondiale, nel 2021 i ricavi sono stati 186 miliardi. I primi Paesi dove la vendita diretta è più diffusa sono Stati Uniti, Corea e la Germania, seguiti da Cina e Giappone. Gli ambiti sono quelli a cui siamo abituati: benessere (35%) e cosmetica (25%), forniture per la casa (16%).

Il dato sorprendente però è che gli occupati sono prettamente donne, addirittura circa 80%, in ogni Paese del mondo, di qualsiasi area geografica. Qui riportiamo una tabella dell’Europa, dove l’Italia ha raggiunto 670.000 venditori – o meglio venditrici – dato che le donne sono il 77%.

In quali altri settori si raggiunge tale predominanza femminile? Dove non ci sia già un retaggio di superiorità maschile, essendo questa modalità di vendita nuova? Dove altro tante donne hanno potuto sentire di trovare una risposta al bisogno di occupazione e di uno stipendio?

Nonostante i sentimenti contrastanti verso questo tipo di lavoro, osservando le statistiche bisogna riconoscere che il network marketing sta offrendo un appiglio a molte donne, che così possono trovare modo di affermarsi e una forma di sostentamento, quando la situazione femminile e le politiche di lavoro non sono particolarmente brillanti.

In conclusione vorrei citare questo testo della scrittrice femminista Joanna Russ, che mi ha colpito per la descrizione della situazione economica e lo stato d’animo audace e non rassegnato che tante donne devono tirare fuori, spesso in un ambiente deprimente, in una mentalità dove la donna vive ancora in modo subalterno agli uomini. 

Quando mi sono imbattuta in questo testo, era citato un altro tipo di lavoro, più tipico degli anni 70 in cui l’opera è stata scritta, ma che invece oggi mi è venuto spontaneo sostituire così, facendomi accorgere della rilevanza che questo tipo di occupazione può costituire per una donna. 

dal romanzo Female-man di Joanna Russ

LUI: Cara, perché devi lavorare part-time come una qualsiasi venditrice di cosmetici?
LEI: Perché voglio entrare nel mondo degli affari e provare che, nonostante l’appartenenza al mio sesso, posso avere un ruolo proficuo nella vita della comunità e guadagnarmi quello che la nostra cultura propone come segno e simbolo dell’indipendenza adulta: il denaro.
LUI: Ma cara, una volta detratti il costo della baby-sitter e dell’asilo, un’aliquota più alta delle tasse, la quota-mensa dal tuo stipendio, in effetti è un sacrificio economico mandarti a lavorare. Quindi, come vedi, non guadagni affatto. Non puoi guadagnare. Solo io posso fare soldi. Smetti di lavorare.
LEI: Non smetterò. E ti odio.
LUI: Ma cara, perché essere così irrazionale? Non importa se non puoi guadagnare tu, perché posso farlo io. E dopo che li ho guadagnati, li do a te, perché ti amo. Così non li devi guadagnare tu. Non sei contenta?
LEI: No. Perché non puoi stare a casa tu ad accudire i bambini? Perché non possiamo detrarre quelle cose dal tuo stipendio? Perché dovrei essere contenta di non riuscire ad avere l’indipendenza economica? Perché…
LUI (dignitosamente): Questa discussione diventa degradante e ridicola. Ti lascerò sola, finché la solitudine, il senso di dipendenza e la consapevolezza che sono molto dispiaciuto non ti trasformino di nuovo nella dolce ragazza che ho sposato. E’ inutile discutere con una donna.”

Gemma Domenella

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