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Se i mesi di lockdown hanno praticamente azzerato le relazioni sociali, situazione di cui si risente anche ora mentre si cerca una nuova normalità specie tra i quartieri cittadini, dall’altra parte l’isolamento forzato ha costretto le associazioni di volontariato a riflettere sulla loro reale funzione sociale portandole a reinventarsi e porsi all’ascolto di realtà vicine e attivarsi a loro beneficio.

I mesi passati hanno fatto emergere piccole e diffuse realtà che facilmente rimanevano celate davanti alle diversità dei propri quartieri, o semplicemente si reggevano su un equilibrio talmente precario che la crisi dovuta al Covid-19 ha prepotentemente portato alla luce, facendo precipitare ulteriormente situazioni fragili delle fasce più deboli della popolazione.

La riorganizzazione del Terzo settore per l’emergenza Covid-19

Dopo un primo periodo di smarrimento generale il mondo che fa riferimento al Terzo settore (e non solo) ha preso l’iniziativa, in modalità diverse. La Protezione Civile ha avuto il ruolo da protagonista affiancato alle istituzioni, anche sanitarie.

L’Associazionismo ha reagito in particolare nelle metropoli: in un momento di fragilità collettiva le piccole realtà associative si sono concentrate sulla distribuzione dei beni di prima necessità alle famiglie che ne facevano richiesta, come AiutArci e evolvendosi in un’organizzazione più strutturata sotto la guida di Emergency, facendo capo a realtà locali come nel caso di Milano aiuta in Lombardia.

L’alleanza tra le piccole associazioni territoriali, in particolare sul territorio lombardo, e Emergency si rivela una mossa vincente: da una parte la possibilità di fare riferimento all’esperienza, alla capacità e alla struttura di una Ong conosciuta e attiva in grado di potenziare le piccole realtà, dall’altra queste ultime associazioni attive su Milano come Pettirosso, Altropallone Onlus, Aps Scighera, StareAlGalla riorganizzatesi nelle Brigate volontarie, che hanno una capillarità importante grazie alla profonda conoscenza del territorio in cui operano e in particolare dei piccoli quartieri. Questa unione ha generato un forte scambio di risorse capaci di potenziarsi a vicenda.

Capitolo a parte, il volontariato di Servizio Civile Nazionale, che dipendendo dalle regole ministeriali, ha stentato a reagire con velocità e di conseguenza efficacia nell’immediatezza dell’emergenza in atto, agendo nella fase successiva delle riaperture e riorganizzandosi con nuove reti di supporto attivo sul territorio.

Uno dei punti essenziali resta però l’attivazione di una forma di dialogo tra le associazioni e gli abitanti, per creare reti di scambio e ascolto capaci di rimanere attive nel lungo periodo e di dare continuità e un supporto duraturo. Durante il lockdown, al di là delle esigenze primarie è emerso anche il bisogno di un confronto, la ricerca di un appoggio e di dialogo specie nei soggetti rimasti isolati o in situazioni di difficile gestione nei confini domestici.

Sul tema sono stati attivati progetti per offrire aiuto e per porsi “all’ascolto” telefonicamente per quanti ne facessero richiesta: sfortunatamente molti di questi progetti non sono andati oltre il periodo di isolamento. Spesso sono stati gli anziani rimasti soli nelle loro abitazioni a chiedere la compagnia di una voce amica. In seguito però, si è visto necessario riflettere ulteriormente sul tema dell’ascolto e del supporto attivo per diverse fasce della popolazione.

I progetti di ascolto, Acea Onlus Odv

Una telefonata certo non può che fare bene, ma lo scenario emerso ha richiesto di coniugare le esigenze del singolo con quelle della comunità intera per riuscire a intercettare sempre di più i bisogni e le richieste. Una sfida da cogliere che in questi mesi passati si è riproposta con maggiore urgenza, quella di trovare nuove strade per comunicare ed essere capaci di ascoltare e cogliere le esigenze e le richieste di chi chiede sostegno. Una soluzione primaria per la comunità, che risulta tanto più efficace se applicata in una dimensione piccola di quartiere. A questa riconosciuta esigenza risponde l’associazione Acea Onlus Odv che con il progetto Bacheca di Quartiere si pone come punto focale di raccolta e confronto per gli abitanti del quartiere Isola.

Il progetto che nasce in Isola e qui mira per il momento a concentrarsi è interessante per la duplice realtà esistente in questa parte della città. Un quartiere storico nato tra l‘800 e il ‘900 prima zona operaia a commerciale, definito Isola per via della ferrovia che separava questa zona dal resto della città, riqualificato e trasformatosi negli ultimi anni per essere ora uno dei quartieri milanesi più ricercati. Gli ingenti investimenti architettonici creano però un distacco molto forte tra la storica identità popolare e la mondanità che si insidia sempre di più grazie ai locali presenti, le costruzioni moderne e la vita da aperitivi milanesi.

Anche per questo il progetto che si vuole concentrare su questo storico quartiere è degno di attenzione, perché mira a conoscere meglio i suoi abitanti nella loro realtà non snaturata, cercando di proteggere un piccolo angolo di Milano che ancora vuole aggrapparsi alla sua vera natura e che può riuscirci creando una rete di collaborazione con chi vuole nutrire un’anima antica che resiste a tanti moderni cambiamenti.

Alice Cubeddu

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