Terra Foto: Pixabay

Da settimane ormai i nostri ritmi sono cambiati, il nostro stile di vita subisce delle battute d’arresto, il Covid-19 scandisce i tempi della nostra quotidianità. O così ci si aspetterebbe.

9172 i casi totali, 463 deceduti e 724 guariti, numeri aggiornati ogni sera dall’inizio dell’emergenza, per la quale sono state adottate forti misure di contenimento con il DPCM del 9 Marzo 2020, utile a sfavorire la diffusione incontrollata del virus che a partire dalla prima metà di febbraio ha iniziato a destare preoccupazione in gran parte del territorio nazionale. Misure straordinarie che hanno blindato l’Italia intera, nella necessità di tutelare il nostro sistema sanitario a rischio collasso, già sofferente dall’inizio dell’allarme. I cittadini sono stati chiamati a rispondere alle misure di contenimento, ma solo la forte presa di posizione di ieri sera potrà forse condurre tutti a percepire il reale rischio causato dall’emergenza in atto.

La risposta da parte della popolazione non è infatti stata immediata, scatenando panico, inciviltà e facendo emergere l’indifferenza, complici anche i passi di una comunicazione di crisi mal condotta e ignorata, buttata addosso a persone impreparate e reticenti alle stesse normative. Oltre ai numeri infatti, questo periodo potrà essere letto e sviscerato in base al comportamento degli stessi cittadini che spaventati inizialmente dall’incertezza della situazione si sono svelati nella loro unica necessità di mantenere una circoscrizione intorno alla sola propria individualità, credendo che ciò che accadeva loro intorno non li avrebbe riguardati fintanto che si fossero trovati lontani dalle prime zone rosse d’Italia e che questo gli avrebbe concesso la facoltà di prorogare l’ignoranza di cui già erano colmi, continuando a svolgere le proprie attività che “tanto non mi riguarda”. È così che è iniziato il processo di mitigazione da parte degli stessi media relativamente all’emergenza coronavirus, sentitisi forse in colpa nell’essere tacciati di alimentare allarmismo o speranzosi nelle notizie che si affrettavano a dare, con il conseguente diffondersi del panico tra le persone che infrangevano così i primi divieti e si sentivano ormai al sicuro rispondendo: “tanto è solo un’influenza”, “tanto siamo giovani”, “tanto non riguarda me”: la frase che può racchiudere davvero la vergognosa essenza delle nostre esistenze.

Da qui in poi, si è verificato l’esodo da Milano, causato anche dal rinnovato palesarsi dell’irresponsabilità di chi (ambiti politici e media in “concorso di colpa”) ha divulgato la bozza di decreto nella serata di sabato 7 Marzo, per il quale le prime regioni venivano blindate, con l’emergere di un panico incontrollato di parte dei cittadini avvolti da un profondo egoismo che solo pochi giorni dopo avrebbero mostrato senza vergogna e con arroganza il totale disinteresse verso l’altro.

L’altro, che non appartiene più all’Italia che gridava “porti chiusi”, “state a casa”, non venite. L’altro, appartenente a un mondo al di fuori di cui quasi si nega l’esistenza, perché dai posti privilegiati dai quali proveniamo ci si sente in diritto di sentirsi migliori, il resto è terra sconosciuta. L’altro siamo diventati noi stessi e spesso, nelle parole dei più giovani che si sentono intoccabili nei loro diritti e invincibili, ha cessato di esistere. Tutti si danno alla fuga, solo che non c’è niente da cui scappare: l’illusione è quella di allontanarsi dall’intangibilità di qualcosa che non ha bisogno di sapere dove si è per raggiungerti, non insegue nessuno, non rincorre. La strada propizia per la diffusione del virus, di ogni male dell’umano pensiero viene creata dalla scia di persone che con disprezzo bada solo al proprio spazio circoscritto, quello consigliato di un metro, ignorando tutto ciò che proviene dal di fuori e che così, di logica, non gli appartiene. Questo modus operandi è dimostrato da chi a questo punto ha pensato si trattasse ancor di una vacanza anticipata, invadendo le seconde case al mare o in montagna pensando che chi avrebbero incontrato a pochi chilometri di distanza dalle prime zone rosse fosse automaticamente immune, e loro una volta fuggiti sarebbero stati inattaccabili, congedati dal preoccuparsi di chi si ha intorno, violando l’altro con la presunzione di dire che ciò che è meglio per noi allora è certamente bene per gli altri. L’arroganza di chi non sa che libertà è un dono prezioso tanto da non riuscire a concepire che la stessa va curata e preservata, va rispettata perché tutti possiamo goderne.

E allora dagli aperitivi all’insegna del #nonsiferma #noiandiamoavanti, il #iorestoacasa diventa un ordine, un decreto mosso dall’irrispettosa mancanza di senso civico, di egoismo che è sempre stata sotto gli occhi di tutti, solo che stavolta ha come trovato il coraggio di emergere mostrando individui dimentichi del senso più esteso di comunità, dimentichi che il mondo come lo conosciamo non esisterebbe se non si fosse capaci di allargare il nostro cerchio alla cura dell’altro, così che sia possibile sostenersi a vicenda.

Un esempio così palese, plateale dell’incapacità totale di senso civico a causa o grazie al contagio, si mostra nella sua forma più grave e infima della malattia capace di schiacciare questo fazzoletto di mondo a cui fa paura appartenere.

Perché questo è ciò che è successo anche nei primi giorni di questo delirio nella parte orientale del mondo: si guardava agli altri avendone paura, timore, giudicandone i comportamenti errati e manchevoli di comunità. E poi, quando è stato il nostro momento inaspettatamente ci accorgiamo che forse dagli altri dovremo imparare il coraggio di stare al nostro posto, che le rinunce da questa parte di mondo non possono neppure essere considerate tali. Un mese in cui si chiede di stare a casa, viene percepito come un tempo indefinitamente lungo. Perché la società consumistica bella, forte, non rinuncia a niente. La sua futilità è la sua stessa essenza. E ora che deve fare un passo indietro deve imparare che la responsabilità è di tutti: dobbiamo quindi noi, imparare che la responsabilità è nostra ed anche di chi ha il potere e il dovere di informare e governare perché diventi guida in un mondo fatto di egoistica cecità.

Alice Cubeddu

 

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