“Questa è l’estate più fredda del resto della tua vita”, una frase che non è più solo un meme dei Simpsons, ma è diventata anche parte degli slogan di battaglia dell’attivista climatico Atlas Sarrafoglu.

Sarrafoglu, giovanissimo attivista turco di soli 15 anni, è fortemente attivo sui social network dove, in particolare sulla sua pagina instagram, si immortala con dei cartelli con svariate scritte, avvisi e moniti sul tema dei cambiamenti climatici. Uno dei più recenti cita per l’appunto “This is the coldest summer of the rest of your life”, un avviso diretto e anche un po’ minaccioso, se vogliamo, che serve a farci aprire gli occhi su quanto sta accadendo in questi mesi di ondate di calore estremo. “Nel caso in cui vi foste persi i titoli di giornale negli ulimi giorni, persone e animali stanno subendo le conseguenze della crisi climatica in questo momento” ci racconta Sarrafoglu, “Il caldo torrido sta colpendo gli Stati Uniti e l’Europa… e questo è solo l’inizio…” e ai leader e CEO di combustibili fossili, come li chiama l’attivista, rivolge una domanda schietta “è questo che volete lasciare ai vostri figli?”. 

Quelle di Sarrafoglu non sono provocazioni, sono vere e proprie richieste di aiuto che, per ora, sembrano rimanere senza alcun risposta: nessuna grande azienda, nessuno stato, sembra aver realmente intenzione di ridurre drasticamente il proprio impatto ambientale

Come singoli come possiamo fare? Relativamente poco, purtroppo. Certamente sarebbe buon senso iniziare ad adottare un stile di vita maggiormente sostenibile, a partire dall’alimentazione, ma anche dai nostri singoli consumi energetici ed idrici, dalle nostre abitudini di consumo in generale. Intervenire sui cambiamenti climatici a partire dai consumi dei singoli individui, però, non è la risposta: da un lato non tutti hanno il privilegio di poter operare delle scelte più etiche, dall’altro finchè molte aziende, capi di stato e, soprattutto, piattaforme di informazione, negheranno l’evidenza di quanto sta accadendo al nostro pianeta, sarà difficile avere una piena inversione di rotta sulle abitudini dei consumatori. 

È il caso di quanto accaduto il 14 luglio scorso al meteorologo britannico John Hammond che, ospite a un programma in onda su GB News, cercava di spiegare la pericolosità e la possibile mortalità dovuta alle nuove ondate di calore. Il giornalista è stato, però, bruscamente interrotto da una delle co-conduttrici che ha subito espresso il suo disappunto verso i meteorologi diventati “tutti cosí fatalisti e messageri di sventure” aggiungendo che “dovremmo essere contenti per queste temperature e per il bel tempo”, certamente insoliti per il Regno Unito. 

Se il mondo attorno a noi, allora, si trasforma sempre più in una scena tratta dal film “Don’t Look Up”, abbiamo realmente una speranza per risolvere in maniera tempestiva i cambiamenti climatici? Una reale risposta per ora non c’è, speriamo arrivi prima, però, dello scadere del tempo sul Climate Clock installato a New York nel 2020: un orologio che fa il conto alla rovescia della finestra temporale che ci rimane per raggiungere una soglia di emissioni consona prima che sia troppo tardi.
Spoiler: la deadline è fra 7 anni.


Chiara Saibene Falsirollo

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