In un anno che ha cambiato il nostro modo di vivere e relazionarci, l’industria musicale è una di quelle che più di tutti ha faticato per restare a galla. Gli impianti audio dei più importanti locali al mondo, tra cui il newyorchese Madison Square Garden e la londinese Royal Albert Hall, sono spenti da mesi. “Non succedeva dalla Seconda Guerra Mondiale” ha fatto sapere in un comunicato stampa il celebre teatro inglese che a marzo festeggia i 150 anni.
Il vero problema adesso non è più quando i teatri riaccenderanno i riflettori, ma se riusciranno a superare il momento e riaprire i battenti. Tutti intenti a lottare e scongiurare una chiusura permanente, come già è successo a molti circoli più piccoli per dimensioni.
Nonostante i segnali di solidarietà e i tanti sforzi per trovare soluzioni, infatti, il mercato musicale è in forte crisi in tutto il mondo, soprattutto per quanto riguarda il mondo dei concerti e della musica live.
Non fa eccezione l’Italia che il 24 febbraio conterà un anno di inizio pandemia e dall’annullamento di tutti i concerti più grandi, impossibili da realizzare con le regole necessarie per garantire la sicurezza degli spettatori e anche degli stessi artisti, come evidenzia la triste vicenda dei contagi tra i ballerini della Scala dello scorso ottobre.
Eppure non ci si può arrendere e rimanere con le mani in mano. Perché l’urgenza creativa, in questo momento delicato, è diventata ancora più importante. Ogni artista sta reagendo a modo proprio e non sono in pochi ad essersi chiusi nella lavorazione dei prossimi album. Basti pensare a Taylor Swift che ha pubblicato a distanza di un paio di mesi due album da record e di ottima qualità. Con “Folklore”, pubblicato lo scorso luglio aveva già ottenuto un ottimo risultato, ma è con “Evermore” pubblicato a dicembre che ha collezionato una serie di record: nella sola prima settimana di pubblicazione ha venduto oltre 1 milione di copie a livello globale.
La dimostrazione che in questo periodo di buio si può cercare la luce. Ma è anche vero che il mercato statunitense non ha le stesse caratteristiche di quello italiano.
Anche l’industria musicale, come le altre nel momento della pandemia, ha cercato di digitalizzare i propri processi e prodotti. Ma non è facile quando si parla di un settore che ha l’unicità di porre in risalto l’emotività dell’esperienza live.
Dua Lipa e Billie Eilish sono solo due delle artiste che hanno ricreato i loro concerti in digitale, dando vita ad un’esperienza virtuale in grado di unire buona musica a suggestive ricostruzioni con scenari animati. L’esperienza è piaciuta ed è stata riproposta da molti colleghi.
Anche in Italia abbiamo avuto due esperimenti interessanti con il live dei Negramaro e Dream Hit, concerto prodotto da Fedez con Intesa Sanpaolo per raccogliere fondi per i lavoratori del settore spettacolo. Una line up d’eccezione con lo stesso Fedez, Elodie, Achille Lauro, Mahmood, Carl Brave, Cara, Ernia, M¥SS Keta e Beba, che si è esibita per l’associazione Scena Unita e ha raccolto più di 2 milioni di euro nella sola serata del concerto.
Ma non basta per un settore che conta un calo del fatturato del 97% rispetto allo scorso anno, (dati Inps). Nell’industria musicale italiana sono soprattutto le piccole realtà a subirne le conseguenze, come le case discografiche indipendenti che basano gran parte dei propri guadagni sui concerti. E nel frattempo a Milano hanno chiuso i battenti due locali storici come Il Serraglio e il Circolo Arci Ohibò.
Eppure in questa nuova normalità che nessuno ha richiesto, è necessario ingegnarsi e trovare nuove modalità per fare arte. E magari riuscire a ricreare quel contatto tra artisti e pubblico.
Coi prossimi 2 grandi appuntamenti in calendario come Sanremo e Grammy Awards, entrambi slittati a marzo, capiremo come il settore potrà evolvere. E possibilmente riaccendere la magia.
Stefania Barbato
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