Questo articolo è scritto per fare gli auguri alla poetessa svizzera Mariella Mehr, nata a Zurigo il 27 dicembre 1947, che oggi compie 70 anni e che ha passato circa gli ultimi 20 anni a Lucignano, in Toscana.

Mariella Mehr, è di etnia Jenish. Chi sono gli Jenish? Dopo i Rom e i Sinti, rappresentano la terza maggiore popolazione nomade europea, e sono presenti soprattutto nella valle del Reno in Germania, in Svizzera, in Austria e in Spagna dove sono chiamati Mercheros.

A differenza dei Rom e dei Sinti, di origine indiana, gli Jenisch sono di origine germanica e hanno un loro proprio idioma. Per via di questa loro sostanziale differenza sono anche conosciuti come zingari bianchi (in tedesco: Weiße Zigeuner, in francese: Tziganes blancs).

Non ne sono chiare le origini: la loro cultura differisce profondamente da quella delle etnie romaní, con cui non vogliono essere confusi; parlano una propria lingua, di origine germanica, con influssi ebraici (yiddish), rotwelsch (un tedesco semplice utilizzato dai mendicanti fin dal XII Secolo) e celtici, con qualche prestito dalla lingua romaní. Ci sono tracce che indicano la presenza di gruppi Jenisch nella Svizzera dall’XI secolo e nella Germania nel XIII secolo. L’espressione “Fahrendes Volk” (popolo errante) è utilizzata nel linguaggio svizzero-tedesco fin dal Medioevo. C’è una certa difficoltà nello stabilire esattamente le origini di questo popolo.  Sono state avanzate molte ipotesi, le più suggestive sono che siano discendenti dei Celti; discendenti di commercianti nomadi ebrei (Chochemer), a causa della similitudine tra alcuni termini Jenish e quelli ebraici. La più affascinante di tutte, elaborata dall’etnografo Marie-Paul Dollè nel 1979 è che essi siano un incrocio fra discendenti dei disertori poveri e un gruppo di migranti del Cantone di Berna all’epoca della guerra dei trent’anni.

Guardiamo separati nel mondo

ognuno incatenato alla sua ora

le nostre mani toccano una costellazione

per l’ennesima volta senza conseguenze

Nebbia avvolge quell’altrove senza sponde

nebbia si appoggia sulla mia spalla

diventa pesante, più pesante, diventa pietra

Una sola parola captata origliando

voglio estrapolarla e conservarla

perché resti indietro una ferita aperta

per mia consolazione, una strada dentro il domani

Bastava la speranza? E allora sperate con me

tutti voi soccombenti

Spera anche tu

cuore mio

un’ultima volta.

Scrive la Dottoressa  Filomena Icovino  autrice di una tesi di laurea su Mariella Mehr, discussa all’Università di Perugia nel 2003: “Nel 1926, la Pro-Juventute (PJ), un’organizzazione privata che si impegna per la gioventù, sviluppa un progetto per la realizzazione della sedentarità dei jenisch svizzeri che verrà chiamato “Hilfswerk für die Kinder der Landstrasse”. Alfred Siegfired è il nome del direttore di questo programma, già direttore della divisione “Schule und Kind” (“scuola e bambino”) della PJ.

L’attuazione di tali teorie determinerà la sistematica distruzione di famiglie e vite non considerate “conformi alla norma”. Secondo tali studi, la vita non sedentaria, cioè il nomadismo, è dovuta a una disposizione ereditaria che deve essere estinta. Secondo le teorie razziste ed eugenetiche si tratta di un comportamento “ereditario-criminale.”

Il programma fu attuato dal 1926 al 1974 dall’associazione Pro-Juventute, organizzazione svizzera di beneficenza nata nel 1912.

Fu il governo svizzero a condurre e sostenere una politica semi-ufficiale che verteva ad istituzionalizzare i genitori Jenisch come “malati di mente” tentando di far adottare i loro figli da cittadini svizzeri non Jenish. Secondo alcune fonti, 590 bambini furono sottratti ai genitori e messi in orfanotrofi, in istituti psichiatrici e in alcuni casi in prigioni.

Il programma coinvolse dai 600 ai 2000 bambini nomadi, che di fatto, furono allontanati in tenera età dalle famiglie originarie. Quel programma è tutt’oggi un tema molto scottante per la coscienza dei cittadini elvetici.

Nel 1987, il presidente della commissione della fondazione, Bernasconi, pronuncia per la prima volta le scuse da parte della PJ [Pro-Juventute] verso gli appartenenti al popolo Jenisch e, nel 2000, la Svizzera ratifica la convenzione dell’Onu del 1948 riguardo alla prevenzione e alla punizione del genocidio.

Oggi ci sono 35.000 Jenisch che vivono in Svizzera e sono concentrati per lo più nel Cantone dei Grigioni. Di questi, solo 5.000 sono nomadi.

I rapporti con la famiglia originaria venivano definitivamente troncati nonché ostacolati, ai bambini veniva cambiato il nome di nascita e dato un nuovo nome, per cui era abbastanza difficile risalire ai genitori naturali.

L’allontanamento coatto provocava sui bambini e sugli stessi genitori grandi traumi psicologici con manifestazioni di ribellione e grande risentimento anche verso le stesse istituzioni.

Ma il dramma di questi bambini, non finiva lì, come fa sempre notare la Dottoressa Icovino: “Numerosi furono i casi di abuso sessuale sui bambini e soprattutto sulle bambine e sugli adolescenti, vittime di questo progetto di risanamento, non protetti dai genitori, che nel frattempo dovevano combattere con la depressione, l’alcolismo e i problemi interpersonali sorti tra i partner. Molti [furono] i casi di morte precoce.”

Mariella Mehr nacque il 27 dicembre del 1947, a Zurigo in Svizzera, da madre Jenisch. Come tutti i bambini nomadi svizzeri fece parte di questo programma. Fu quindi tolta alla propria madre, mentre era piccolissima, crescendo in 16 diverse case famiglia e in 3 istituzioni educative.

Quando aveva 18 anni come per sua madre, le tolsero il figlio. Questa opera di sradicamento fece crescere la sua rabbia verso le istituzioni e divenne ben presto una ragazza ribelle. Subì 4 ricoveri in ospedali psichiatrici, violenze ed elettroshock e venne perfino reclusa per 19 mesi nel carcere femminile di Hindelbank nel Canton Berna.

«Spesso canta il lupo nel mio sangue

e allora l’anima mia si apre

in una lingua straniera.

Luce, dico allora, luce di lupo,

dico, e che non venga nessuno

a tagliarmi i capelli »

Nel 1975 la Mehr inizia a pubblicare prima come giornalista, poi come scrittrice, molti articoli e libri. Nel 1981 pubblica il suo primo romanzo (Steinzeit), (L’età della pietra) tradotto in italiano con il titolo di Silviasilviosilvana. Un romanzo autobiografico che analizza le sue vicissitudini e il cui titolo voleva mettere in risalto la perdita di identità di una donna maltrattata e segregata.

Per l’impegno per i diritti delle minoranze e dei gruppi emarginati, Mariella Mehr nel 1998, ha ricevuto la laurea honoris causa dalla Facoltà di Storia e Filosofia presso l’Università di Basilea.

David Fiesoli, scrive nel 2007 sull’edizione locale del “Tirreno”, un lungo e interessante articolo sulla Mehr, che viene qui parzialmente citato: … “Alla sua storia, e al percorso psicoterapeutico che le ha permesso di uscire dalla follia in cui era precipitata, Mariella Mehr ha dedicato il libro “La bambina” (Effigie, pp.155, euro 16) in cui ricostruisce una storia fatta di violenze: la piccola viene rinchiusa al buio e picchiata per la sua paura, subisce le “viscide attenzioni” del padre affidatario, la violenza carnale di un medico, elettroshock e terapie chimiche, mentre viene indicata come un caso disperato ed emblematico di una razza geneticamente tarata.

«Non mi interessa più far parte di una razza – dice oggi Mariella Mehr, che ha lottato molto attivamente per i diritti degli zingari – Ora so che siamo prima di tutto esseri umani. E poi, ma è secondario, anche rom, svizzeri, italiani, uomini e donne». I rapporti tra la Mehr e le comunità zingare non sono idilliaci: le battaglie che ha portato avanti sono state considerate scomode talvolta anche dagli stessi rom, che preferiscono nascondersi o isolarsi. Secondo la scrittrice, che nel 1998 ha ricevuto la laura honoris causa all’Università di Basilea, senza cultura condivisa non può esserci riscatto per gli zingari: «Vorrei che si potesse scrivere un libro in romanès come in francese o in italiano, vorrei che la lingua e la cultura rom fossero condivise, e non, come pensano anche gli zingari, uno strumento per comunicare solo tra di sé. Per me è importante che i rom capiscano finalmente che hanno bisogno di una élite culturale, scrittori, medici e filosofi, perché un popolo che ha un élite intellettuale ha anche la forza di emanciparsi e prendere in mano il suo destino. Gli zingari si preoccupano sempre delle piccole discriminazioni, ma a quelle grandi, come essere esclusi dalla cultura, non pensano. Io sono fuori dal popolo zingaro perché scrivo, e invece abbiano bisogno di far conoscere e farci conoscere, altrimenti non abbiamo chance».

Mariella Mehr, autrice anche di un bellissimo libro di poesie “Notizie dall’esilio” (Effigie, pp.108, euro 12) pubblicato in italiano, in tedesco e nella lingua dei rom, afferma che scrivere per lei è una necessità: «Mi dà la possibilità di riflettere sulla mia vita, di raccontare quel che nessuno voleva ascoltare». Ha scelto di trasferirsi in Toscana nel 1996, e ora vive a Lucignano con il compagno Ulli Ellemberger. «Qui avevo bei ricordi – racconta Mariella Mehr – E qui, ho deciso che posso sentirmi a casa».

Il 6 Settembre 2017, alle Giornate Degli Autori, durante lo svolgimento del 74° Festival del Cinema di Venezia, la documentarista Valentina Pedicini, ha presentato il suo primo film di fiction, intitolato “Dove cadono le ombre”, che attraverso la storia di due donne, racconta il programma di Eugenetica svizzera. La regista ha passato molto tempo con Mariella Mehr, che le ha raccontato la propria esperienza.

Niente,

nessun luogo.

C’è ancora rumore

di sventura nella testa,

e sulla mappa del cielo

io non sono presente.

Mai è stata primavera,

sussurrano le voci di cenere,

sulla bilancia del linguaggio

sono una parola senza peso

e trafiggo il tempo

con occhi armati.

Futuro?

Non assolve

me, nata sghemba.

Vieni, dice,

la morte è un ciglio

sulla palpebra della luce.

Opere tradotte in italiano:

Accusata, Edizioni effigie, Milano 2008 ISBN 9788889416716

Silviasilviosilvana, traduzione di Steinzeit, di Fausta Morganti, Guaraldi Editore, Rimini 1995 ISBN 88-86051-23-9

Il marchio, Tufani Editrice, Ferrara 2001 ISBN 9788886780377

Notizie dall’esilio, Edizioni effigie, Milano 2006 ISBN 9788889416396

Labambina, Edizioni effigie, Milano 2006 ISBN 9788889416389

San Colombano e attesa, Edizioni effigie, Milano 2010 ISBN 9788889416556

Opere in Italiano

Ognuno incatenato alla sua ora, a cura di Anna Ruchat, poesie (scritte dal 1983 al 2014)[1], Giulio Einaudi Editore, anche ebook, Torino 2014, ISBN 9788806208523

Buon compleanno Mariella.

 

Francesco Castracane

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