Ha fatto molto rumore il “non voto” dei consiglieri regionali di Fratelli d’Italia in Liguria, rispetto a un ordine del giorno proposto dal Pd, tramite cui la giunta regionale si sarebbe impegnata a «garantire alle donne il pieno diritto a scegliere l’interruzione volontaria di gravidanza», all’interno di una regione che vede una disparità nell’acessibilità a tale diritto, e che rischia di vedere esplodere un forte tasso di obiezione di coscienza come nelle regioni di Marche e Umbria. Il documento in questione è stato approvato con 21 voti favorevoli: oltre al Pd hanno votato M5S, Lista Sansa, Lista Toti, Lega e Forza Italia, mentre tre consiglieri di FdI si sono astenuti e non sono interventi nel dibattito.
La notizia fa discutere non solo e non tanto per la gravità nel non esprimersi a favore di un’azione di garanzia nell’applicazione di un legge già esistente, ma anche e soprattutto per la storicità che il partito di Meloni ha nell’affrontare la questione della 194.
Non sembra che la promessa della probabile futura premier di ampliare tale legge, applicandola senza ridurne gli effetti, stia dando i risultati sperati. Anzi, sembra quasi che la promessa di “applicazione” di tale legge si riferisca in modo preponderante agli obiettori di coscienza, rendendo di fatto impossibile abortire all’interno delle strutture italiane come già accade in alcune regioni. Per questo l’astensionismo ligure di FdI, che risveglia gli animi di attivisti/e e non solo, lancia un forte messaggio in questo senso: 194 sí, ma non vi è l’interesse a garantirne il pieno diritto.
Un campanello di allarme che ci porta a credere che avremmo davvero bisogno di una supervisione esterna. Nei giorni scorsi, infatti, La premier francese, Elisabeth Borne, ha detto che il suo Paese sarà attento a «garantire che i valori sui diritti umani siano rispettati da tutti».
Se inizialmente pensavamo di non averne bisogno, forse è già arrivato il tempo di ricredersi.
Chiara Saibene Falsirollo