Abbiamo tutti apprezzato il volontariato ed il sostegno ricevuto durante i covid, ma gli ultimi dati Istat sul no profit dopo il covid rivelano una diminuzione nazionale nel numero di volontari. Cerchiamo di riflettere a più voci, ma non c’è riflessione se prima non c’è ascolto, cosa per cui il terzo settore si rivela particolarmente capace.

E’ da poco uscito il nuovo rapporto ISTAT su no profit. Questi risultati fanno riferimento al 2021 ed erano particolarmente attesi perché consentono di vedere la situazione dopo il covid. In realtà si tratta di una prima parte: entro la fine del 2023 usciranno ancora altri dati, dato che si tratta di una prima elaborazione.

Tra questi, ci colpisce il dato sul numero di volontari in Italia.

L’Istat stesso nel suo rapporto e durante la conferenza stampa riconosce e ringrazia il supporto particolare dei volontari mostrato durante la pandemia. Tuttavia, fa un paragone con il 2015, per evidenziare che nel 2021 dopo il covid il numero totale dei volontari nel Paese risulta diminuito ben del 15,7% (con leggera eccezione al Sud). Ciò ha riguardato di più gli uomini che le donne (-17,6% per gli uomini, -13,0% per le donne).

Nel report statistico non vengono fatte ipotesi di causa di questo calo, ma in effetti suscita un certo stupore e se ne parla nei commenti post-presentazione dei dati. In particolare affronta l’argomento Giancarlo Penza, ufficio relazioni internazionali della Comunità s. Egidio.

Si riflette come il post-covid abbia accentuato gli atteggiamenti di individualismo e ricorso alla tecnologia, che in verità erano già presenti da anni. Non è stato il covid, da ritenere un’emergenza con conseguenze gravi, ma i sintomi la società li ha sempre avuti dentro.

Un riscontro analogo l’ha riportato il nostro direttore editoriale Michele Papagna con il suo ultimo articolo, in cui racconta di aver notato nei giovani sia malessere, sia calo di impegno, che sia civico o sociale, di lavoro o volontariato, ma comunque di attività e partecipazione alla vita sociale. Come se uno leda l’altro, come se non sia possibile essere capaci di agire e progettare, se non possediamo una certa forza interiore, fatta sia di valori sia di sentimenti. Allo stesso tempo, è proprio l’agire, vedere i risultati delle nostre azioni nel mondo e dare un contributo alla società in quanto comunità che nutre le nostre emozioni e capacità, che ci dà forza e ci permette di sentirci forti. Quando entrambe sono minate, il circolo va all’opposto, in una situazione crescente di disagio e paralisi. Allora a dominare arriva l’ansia, che non è solo del futuro (sarebbe già un privilegio, perché implica che si possa progettare un futuro) ma è ansia del presente, dove tutto appare confuso e oltre le proprie capacità. 

E’ vero che abbiamo tutti bisogno di socialità e di un senso di comunità. E’ stato questo che dopo il covid ha fatto sì che tornassimo agli stili di vita ed abitudini di prima, perché preferiamo il contatto all’isolamento. Tuttavia questi desideri, quando non si riesce a vedere un supporto adeguato e non siamo capaci di tirarli fuori da noi stessi, ci feriscono e ci confondono, più che motivarci abbastanza per agire.

E’ una situazione complessa, che intreccia sia la nostra psicologia individuale sia il proprio piano sociale, fatto di relazioni, lavoro, ruoli. Non ci sono risposte brevi o perentorie.

Nel suo intervento, Penza fa un’ottima osservazione: il terzo settore sta facendo molto per i giovani e per la società, senza sostituire lo Stato, perché hanno una natura diversa. Lo Stato ha un carattere stanziale, quasi monolitico, cambia ma è lento; il no profit dà voce alla società come ci si aspetta che debba fare lo Stato, ma è più rapido, duttile e ricettivo alle idee e ai bisogni diffusi nella società. Perciò è capace di anticipare il cambiamento e di interventi efficaci.

Per noi che operiamo nel terzo settore, speriamo di farci mediatori e di portare avanti le voci che emergono, in modo che, passo dopo passo, si percorra il tunnel del disagio sociale, sentendo di essere insieme con meno paura, trovando il modo di vivere oltre l’ansia. 

Gemma Domenella

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Fonti

Rapporto ISTAT
Conferenza rapporto ISTAT

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