A meno che non siate degli eremiti è pressochè impossibile che non abbiate mai sentito parlare di Vinted: un’app per la vendita e lo scambio di vestiti second-hand che da qualche tempo invade tutti i nostri spazi pubblicitari digitali, dalla televisione ai social network. Una piattaforma che promette di liberare gli armadi, magari guadagnandoci qualcosa, e alimentando, di conseguenza, un’acquisto maggiormente sostenibile rispetto agli standard del fast fashion (Zara, Stradivarius, Shein, etc.) ai quali siamo oramai abituati. 

Ma siamo certi che Vinted sia davvero una piattaforma di acquisti sostenibili?
La domanda sorge spontanea per vari motivi. 

  1. Se è vero che molti prodotti ci arrivano imballati all’interno di scatole che prima contenevano qualcos’altro, proprio perchè acquistiamo da persone comuni, è pur sempre vero che spesso ci stiamo facendo spedire degli articoli che non arrivano cosí lontani da noi e, anzi, a volte provengono addirittura dalla nostra stessa città di residenza. Da un lato questo permette una trasparenza nel rapporto che sia il venditore che l’acquirente hanno con Vinted, dall’altro però è uno spreco enorme e certamente non possiamo definirlo sostenibile
  2. Molti dei capi in vendita non hanno nulla di unico nè di eccezionale, non che sia necessario avere un armadio eccezionale per poter rivendere i propri capi, ma la maggioranza dei prodotti che si trovano provengono proprio da catene di fast fashion come Zara o Shein e ne vengono caricati a decine ogni giorno. Molti utenti, infatti, rivendono i propri capi proprio per poterne comprare di nuovi all’interno di queste catene. Tutto sommato non sembra essere un meccanismo che incentiva lo scambio e il minimalismo, ma sembra quasi spingere a volere sempre di più, calmando eventuali sensi di colpa, potendo contare sul fatto che “tanto poi lo rivendo”.
  3. Anche le modalità con cui il venditore riceve il proprio compenso sostengono questo circolo vizioso! Il denaro guadagnato, infatti, viene inizialmente depositato sul saldo personale presente all’interno dell’applicazione, per poterlo spendere fuori da Vinted è necessario accreditarli manualmente sul proprio conto corrente con dei tempi di attesa che variano dai 2 ai 7 giorni, invogliando cosí ad usarlo istantaneamente per fare acquisti sulla piattaforma. 
  4. Lo stesso claim pubblicitario incentiva l’acquisto compulsivo. Se la versione corta della pubblicità recita semplicmente “non lo usi, mettilo in vendita”, altre versioni dello spot spingono agli acquisti sottolineando che Vinted è conveniente perchè “compri più cose con lo stesso budget”

Sicuramente una riflessione era giusto farla: Vinted di per sè non è sostenibile come possiamo vedere, sono gli utenti a poter fare la differenza. Quindi rimettete in circolo i vostri capi per dargli una seconda vita, ma cercate di non cadere nella trappola dello shopping compulsivo. Vinted? Sí, ma con parsimonia


Chiara Saibene Falsirollo

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