Di emergenza sul clima se ne sta parlando molto in queste ultime settimane, in parte perchè tema all’ordine del giorno del G20, ma anche grazie a COP26, la Conferenza sul clima delle Nazioni Unite che si sta tenendo a Glasgow. Che se ne parli bene o male – e fino ad adesso l’opinione pubblica ha espresso pareri più negativi che positivi – è innegabile che gli ultimi risvolti portino a galla delle considerazioni che non possono soffermarsi solamente agli aspetti ambientali del climate change.

Quali sono le novità di COP26?

Se nelle ultime settimane ci si chiedeva quali sarebbero stati gli obiettivi e, soprattutto, quali sarebbero stati i vincoli ai quali gli Stati partecipanti a COP26 avrebbero dovuto far fronte – con tutte le problematiche del caso – sembra arrivare, forse, una prima ventata di positività. Cina e USA sembrano aver trovato un accordo! Una possibilità che nessuno pensava potesse realizzarsi.

Sia il colosso asiatico, che gli Stati Uniti, sono i maggiori emettitori di gas serra al mondo: una cooperazione in questo senso, forse, potrebbe facilitare il dialogo sulla lotta ai cambiamenti climatici permettendo, cosí, una maggiore fattibilità degli obiettivi da raggiungere.

È dunque bandiera bianca tra Biden e Xi?
Difficile prevedere il raggiungimento di una tregua politica duratura, ma sicuramente, rispetto a quanto accaduto pochi mesi fa all’inviato per il clima americano John Kerry, che non venne accolto una volta arrivato in Cina per i negoziati sul clima, sembra che sia il presidente americano che quello cinese stiano facendo passi da gigante l’uno verso l’altro.

I nuovi accordi concreti di Glasgow

La volontà delle due super potenze di collaborare a stretto contatto non porta con sè, però, delle vere e proprie novità sul piano dei provvedimenti per contrastare i cambiamenti climatici. Nella dichiarazione congiunta, si ribadiscono le volontà di mantenere le temperature medie globali sotto i 2 °C e di interrompere i finanziamenti delle estrazioni di carbone all’estero.

L’unica novità? Dopo l’assenza di Xi Jinping nei primi giorni di COP26, la Cina rompe il suo silenzio dicendosi pronta ad impegnarsi a ridurre le sue emissioni di metano, un passo avanti rispetto a quando, affiancata da India e Australia, non aveva ancora definito la sua volontà di ridurre le emissioni di combustibili fossili.
Come si impegnerà dunque in tal senso? Ancora non ci è dato sapere!

Uno dei maggiori problemi, infatti, sottolineato da molti attivisti e dalla stessa Greta Thunberg, è quello che le Nazioni Unite non hanno ancora definito come vincolare gli Stati nel proprio impegno alla lotta contro i cambiamenti climatici, rendendo gli accordi presi delle mere promesse difficilmente raggiungibili nei tempi previsti, o almeno cosí si teme.

Nazioni Unite e ambiente sono incompatibili?

Da Kyoto, a Parigi, fino ad arrivare a Glasgow, sono più di quindici anni che le Nazioni Unite tentano di accordarsi in modo vincolante per affrontare assieme i temi del riscaldamento globale, viene da chiedersi… ci riusciranno mai?

Sulla carta, le problematiche ambientali sembrerebbero essere una delle tematiche più compatibili con le finalità dell’ONU, soprattutto se guardiamo all’obiettivo n. 13 dell’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile, ma sembra sempre esserci in gioco qualche nuovo elemento che rema contro la volontà di rendere gli impegni tra Stati un vero è proprio obbligo.

Se la notizia di una tregua tra Cina e USA a COP26 ci sorprende e rassicura, dobbiamo chiederci se non confermi, in qualche modo, il trend politico ed economico che tali accordi, spesso, hanno. Vi è forse un’incompatibilità tra finalità “meramente” umanitarie e il lavoro delle Nazioni Unite? Non è che una provocazione, eppure, la novità della cooperazione delle due superpotenze, ha risvegliato in tutti noi più speranze sul fronte di un nuovo capitolo della politica internazionale piuttosto che di un nuovo futuro per il nostro pianeta.


Chiara Saibene Falsirollo

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