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In Messico si festeggia con una protesta

In alcune parti del mondo la Giornata Internazionale della Donna coincide con un momento di particolari tensioni e conflitti, tramite cui le donne rivendicano quello che dovrebbe essere riconosciuto loro naturalmente e in toto. Queste parti del mondo sono i paesi in cui l’essere donna è ancora una condizione assolutamente svantaggiosa. Paesi in cui l’appartenenza a questo genere non può essere celebrata, bensì in cui deve essere gridata con rabbia e talvolta difesa, almeno a tentativi, con il ferro e il fuoco.

Il Messico è uno stato in cui appunto la Giornata Internazionale della Donna e quella per l’Eliminazione della Violenza sulle Donne finiscono tristemente per assomigliarsi. I cortei a cui si assiste in queste due date sono identici, così come i temi luttuosi affrontati dalle folle e dalle attiviste.

Anche quest’Otto Marzo, per le strade di Città del Messico hanno imperversato delle violente proteste tra le cui fila figuravano principalmente donne, com’era già successo negli anni passati. Il presidente Obrador aveva disposto che la capitale venisse blindata, con barricate e autentici “muri” di ferro destinati a contenere la rabbia delle manifestanti. Non è stato sufficiente. Molte delle presenti erano armate di martelli e fiamme ossidriche, e intenzionate a abbattere la recinzione posta a difesa soprattutto del Palazzo Nazionale. Nei punti in cui ciò non è stato possibile, le donne in marcia hanno “adornato” la barriera con fiori, scritte e fiocchi, in memoria di coloro che hanno subito violenza di genere. È stato così creato una sorta di monumento, un’installazione dedicata alle vittime di femminicidio.      

Emblematica la presenza nel corteo di alcune bambine, coinvolte dalle madri in primo piano nella protesta. Proprio da un pugno non adulto veniva agitato un cartello che recitava “non mi hanno ucciso, ma vivo nella paura”.

In Messico i tassi di omicidi e reati violenti perpetrati ai danni di donne sono altissimi. Nel solo 2020 sono stati denunciati 16000 casi di stupro, e 996 femminicidi. Le associazioni femministe sostengono però che questo numero non sia realistico poiché deliberatamente alterato dalle autorità per nascondere l’entità del problema. A aggravare ulteriormente la percezione pubblica di tale fenomeno contribuisce l’impunità sistematica per chi commette crimini contro le donne. Secondo il sito di notizie Animal Politico, tra 2014 e 2018 soltanto nel 5% dei casi a una denuncia di violenza contro le donne è seguita una condanna.

Di fatti, l’accusa principale mossa nei confronti del presidente Obrador è di aver disatteso le aspettative in termini di difesa dei diritti di alcune categorie a rischio, verso le quali si era posto come figura di riferimento. Obrador è stato eletto alla presidenza nel 2018, dopo una lunga carriera come attivista e sindacalista, e dopo aver strategicamente puntato tutto sull’ottenimento di maggiori diritti per le donne e le popolazioni indigene. Una volta guadagnato il loro consenso però, ha tradito tutte le promesse fatte e a oggi pochissimi passi in avanti sono stati compiuti. In occasione di diverse contestazioni lanciate nei suoi confronti in passato non ha esitato a svilirle, e a additare le associazioni femministe come manipolate dai suoi avversari politici.    

Non bisogna focalizzarsi sul Messico per comprendere appieno che su ogni agenda politica dovrebbe figurare un impegno di chi è al governo per condannare qualsiasi abuso misogino e permettere che ricorrenze come l’Otto marzo tornino celebrazioni gioiose.

Mario Daddabbo

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